“Conversazioni d’arte”: incontro con Don Ugo Fossa e Giorgio Fabbri alla Mausolea camaldolese di Soci

Conversazioni d’arte – il percorso di conoscenza delle emergenze artistiche di Bibbiena, ideato dallo storico dell’arte Michel Scipioni e realizzato in collaborazione e grazie al supporto del Comune di Bibbiena- si conclude per il 2017 Sabato 16 dicembre alle ore 17:00 presso la Mausolea camaldolese a Soci (Bibbiena).
Il programma prevede un affascinante incontro curato da Don Ugo Fossa e Giorgio Fabbri, il primo ci guiderà nella storia e nell’arte della villa, mentre il secondo aprirà le porte delle storiche cantine.
All’interno della Villa sarà possibile vedere, a piano terra l’atrio e la piccola cappella, al primo piano il grande salone con lo splendido dipinto del Cassana e le camere da letto ancora oggi arredate con letti a baldacchino originali. Il percorso terminerà all’ultimo piano dove sarà possibile vedere il grande salone “a tetto” e il grande orologio.
Usciti dalla Villa ci dirigeremo nella storiche cantine sottostanti, dove Giorgio Fabbri, ne illustrerà la storia, il funzionamento e la produzione.

La manifestazione si terrà con qualsiasi condizione meteorologica, visto che la visita comprende soprattutto spazi interni.

Per informazioni telefonare al 338.1259289 Mazzafirra Eventi. L’ingresso è gratuito e libero.

Un po’ di storia – LA MAUSOLEA di Soci

L’antica villa di proprietà della comunità camaldolese, antica sede della tenuta agricola e oggi adibita a “sala convegni”.
Questa nei documenti viene definita anche La Grancia, termine con il quale si identifica un edificio tipico della cultura benedettina delle origini e che indica l’organizzazione di persone e bene economici, costituita da edifici rurali per la custodia dei prodotti agricoli e per il lavoro manuale dei monaci stessi (l’etimologia del termine è dal francese granche, “granaio”, che è dal latino granica, derivato da granum, “grano”). La Grancia è dunque una piccola comunità monastica, per lo più di conversi, con cappella e locali di soggiorno, governati da un rappresentante dell’abate ed un’ unità economica (fattoria) amministrata da un cellerario o monaco “granciere” o, come nel nostro caso, da un Camerlingo.
Questo aveva voluto Pietro Delfino, umanista di origine veneziana e Priore Generale di Camaldoli, quando nel 1492 faceva erigere una grancia sul pianoro, chiamato Mausoleo, sopra la Pieve di Partina, attorniato dalla Vigna Grande, a sostituzione di piccoli edifici preesistenti.
La fabbrica aveva quindi questi intenti: raccolta e conservazione dei prodotti agricoli dai poderi di proprietà dei monaci e che servivano al sostentamento dell’ospizio di Fontibono (Camaldoli) e dell’Eremo di San Salvatore (Eremo di Camaldoli); luogo di lavoro manuale per quei monaci che ne facessero richiesta; ambiente di “convalescenza”, data la salubrità del luogo, per ristabilire la salute dei monaci che ne avessero bisogno; non ultimo la possibilità di una sosta prima di salire a Camaldoli per i monaci e i superiori di ritorno dalle visite alle lontane comunità camaldolesi.
Nell’immediata vicinanza della grancia, chiamata subito Mausolea, passava la “via del Pontaccio”: era questo il percorso più diretto, in quel periodo, per raggiungere la Romagna, oltre che per Serra, e che toccava San Martino a Monte, Castaldi, il Pontaccio, Maestà del Raggio (Freggina), Maestà di Cerreta, Fontibono, Eremo di San Salvatore, Gioghetto; quindi scendeva a S. Sofia per il Bidente di Ridracoli sino a Forlì. Questa strada era ancora utilizzata nel 1825 perché nelle carte del Catasto Lorenese è ben documentata come via per raggiungere S. Sofia, per chi proveniva da Arezzo. Tramite il Passo di Serra occorreva superare anche il Carnaio.
Dunque la nostra grancia veniva collocata all’inizio di una viabilità molto importante e che incontrava lungo il tragitto toscano due ambienti organizzati ed efficienti come l’ospizio di Fontibono con l’ospedale e la farmacia, e nel punto più alto l’Eremo di Camaldoli: una ascensione umana e spirituale per il viandante che si trovava a transitare.
Tracce della Mausolea del Delfino rimangono ancora nella memoria di vari Casentinesi di Partina e di Soci che ricordano di quando, durante l’ultimo conflitto mondiale, venivano usati alcuni ambienti sotterranei, pertinenti a questa, come luogo di conservazione e di occultamento di derrate alimentari.
Un’altra traccia di questa grancia è conservata nell’attuale Mausolea ed è posta molto in alto, sopra il balcone della piazza in cui era l’ingresso principale a nord dell’edificio, opposto all’attuale: lo stemma camaldolese sorretto da due delfini.
L’elegante raffigurazione in marmo di Carrara, reca però una evidente incongruenza. In un intaglio ribassante del marmo, a cancellazione di qualcosa, è incisa una data: 1650. Questa è il termine della costruzione della attuale Mausolea inserita nello stemma di Pietro Delfino camaldolese.
Infatti, verso i primi anni del 1640, la Mausolea di Delfino necessita di restauri urgenti. La Comunità di Camaldoli, cosciente della situazione, valutava la possibilità di avviare una ristrutturazione completa della fabbrica, ma considerava anche l’opportunità di riedificarne una nuova. Prevalse la seconda opzione. Veniva individuato così il luogo per la nuova fabbrica nel campo detto Sala, una spinaia a ridosso del Fosso del Farnetino. Il luogo prescelto offriva nuove condizioni favorevoli: un piano lungo la sponda destra dell’Archiano, molto più agevole per la estivazione dei prodotti agricoli, e con abbondante materiale per la costruzione; soprattutto la presenza di un berignolo che, da ancor prima del 1300, con la sua presa d’acqua dall’Archiano nei pressi di Partina, forniva energia per tutto l’anno al mulino di Soci, di proprietà dei monaci dalla metà del XVI secolo, q acqua ai lavatoi di Soci.
Questa nuova dislocazione della fabbrica, che manterrà il nome di Mausolea, era sì ancora nelle vicinanze della via del Pontaccio, ma veniva ora a collocarsi tra due comunità locali, Partina e Soci, assumendo caratteristiche ancora più consone alla grancia di origine benedettina. La popolazione laica locale di contadini, piccoli artigiani, di salariati trovava qui un più immediato punto di sostentamento economico e spirituale. Queste caratteristiche distingueranno sempre la Mausolea, la fattoria o la grancia dei monaci, da tutte le altre presenti nel territorio fino ai nostri giorni. E sono molti i documenti e le testimonianze che attestano la sensibilità, l’attenzione e la premura verso le necessità immediate della popolazione locale d parte del Camerlingo a nome della Comunità monastica.
Per vedere sorgere una rilevante fonte alternativa di lavoro in questa parte del Casentino occorrerà aspettare oltre la metà del 1800 con il lanificio di G. Bocci.
Dunque la nuova Mausolea non era più solo in funzione precipua della comunità monastica, ma diventava segno e presenza in un territorio.
La sua imponente mole visibile da tutto il Casentino, che nella sua architettura esterna richiama le ville medicee del fiorentino, veniva ultimata, dopo tre anni di lavoro, nel settembre del 1650. Era Priore Generale Padre Michele da Pratovecchio e Padre Simeone da Cremona era il Camerlingo generale di Camaldoli.

Ultimi Articoli

Poppi, intervista a David Marri sulla fine legislatura e sulla nuova lista che si candiderà alle elezioni6

Poppi (AR) - In vista delle prossime elezioni amministrative dell’8 e 9 giugno a Poppi, dove si contenderanno la poltrona di primo cittadino Carlo...

Faccialibro, un progetto di orientamento attraverso l’arte e il fare

Si chiama “Faccialibro” il progetto speciale nato da una costola del Festival del Libro per ragazzi, adottato, grazie all’amministrazione comunale, da Giovanna Drammis insegnante...

“Libri in Libertà”: al via il progetto promosso dal comune di Poppi per promuovere la lettura

L’inaugurazione della prima casetta di scambio-libri sabato 30 marzo a Moggiona. “Libri in Libertà” è il nome dell’iniziativa che prevede l’installazione, nelle frazioni e nei...