Un ricordo di Elisa Bellugi: i suoi telai, la sua vita

La storia di una tessitrice che ha portato il nome del Casentino nel mondo. La storia  di una artigiana intuitiva, la storia di un’artista. Di una donna che è stata un po’ il simbolo dell’artigianato tessile casentinese nel secondo dopoguerra. Ma prima di tutto la storia di una donna. Di una piccola donna con il talento dentro e l’operosità di un gigante.

Ci piace ricordarla così, con la trama di un ricordo ordito in un incontro-intervista avvenuto due anni fa nel suo laboratorio. Tra i suoi tessuti.

Allora la annoverammo tra le eccellenze casentinesi. Oggi, con affetto e gratitudine, la salutiamo.

Ciao Elisa.

La Tessitrice.

Elisa Bellugi, i suoi telai. La sua vita.

(versione online del  Magazine di Casentinopiù/2016 )

di Roberta Fabbrini

Cavaliere del  lavoro. Grande Ufficiale. Commendatore. 3 medaglie d’oro. Attestazioni, riconoscimenti, targhe, premi a non finire. Ad ogni livello. E ci sembra quasi impossibile che tanta onorificenza possa essere portata con grande semplicità, con tale disinvoltura. Tanti e tali riconoscimenti tutti per una persona sola.

Anche se sola, diremmo, Elisa non lo è stata mai. Attorniata dal calore della famiglia, da un marito adorante (grande rappresentante dell’arte dello scolpir la pietra, Elio Carletti n.d.r), dall’affetto delle sue lavoranti, dai suoi filati, dai suoi telai. Non telai qualunque no. Mi mostra infatti con orgoglio quello che fu di sua madre, quello sul quale una Elisa ancora bambina provava a muovere le mani tra spole, licci, filati colorati. Proprio quello che, forse, fece scoccare la passione per un mestiere che sarebbe diventato l’impegno di tutta una vita.

  

Anni di lavoro intenso, quelli di Elisa. Una vita intessuta tra trame preziose e creazioni straordinarie: l’Italia attraversava il secondo dopoguerra, e poi il boom economico. Le giovani signore di buona famiglia cominciavano a potersi permettere la balera, il teatro. Le prime uscite in abito da sera. Pochi anni, ma lunghi un eternità, accompagnarono la giovane artigiana, all’interno della rivoluzione che condusse il paese  da realtà prettamente agricola, dove la madre, e prima ancora la nonna,  intessevano  lini pregiati e tessuti da biancheria, a teatro della dolce vita. Scenari nuovi. Completamente sconosciuti, immaginiamo, alla vita di provincia casentinese. Ma la tessitrice osserva, elabora, analizza le nuove tendenze, le interpreta.

Ecco allora che le sete, il filo d’oro e d’argento cominciarono magicamente ad apparire nelle trame di Elisa, che, capacissima di anticipare le mode, produce tessuti preziosissimi, che le valgono le prime medaglie d’oro.  In un epoca nella quale cominciano ad affacciarsi i primi modelli pubblicitari, i tessuti Bellugi conquistano il mondo soltanto con il passaparola.

  

Mogli di onorevoli, ambasciatori, musicisti e attori iniziano ad affacciarsi al laboratorio, chiedendo  capi unici alla giovane artigiana, che ogni volta elabora trame nuove, singolarissime,  pensate e studiate con amore, attenzione. Con la  cura minuziosa del dettaglio. E poi  Jacqueline Kennedy Onassis, le sue tende, la rara preziosa seta cruda lavorata con amabile cura. E gli orafi aretini, Gucci, la Costa Azzurra, e Rita Levi Montalcini… e poi.

  

E poi perde il filo Elisa nel raccontare quanti e quali siano stati i suoi clienti, quale rappresentanza esclusiva di giovani donne abbia vestito per le serate a teatro,  gli abiti da cocktail. Non li ricorda, tanti sono. Ma diventa invece immediatamente lucida e attenta nel descrivere la trama di quei tessuti preziosi: nel raccontare il lavoro minuzioso dalla scelta dei filati, dei colori, la loro precisa composizione. Impressionante la padronanza con la quale le sue mani ancora oggi si muovono abili all’interno di gesti e riti antichissimi.

Sembra quasi, vedendola comporre l’ordito del tessuto di turno, che una forza arcaica e innata si impadronisca dei suoi piedi, delle sue mani, dei suoi occhi, e laddove la memoria dovesse avere momenti di incertezza, ecco arrivare in aiuto il ritmo antico di gesti consumati minuto dopo minuto, ora dopo ora, giorno dopo giorno. Per anni.

  

E gli anni sono davvero tanti. Gli anni passati ad interpretare i costumi, a curare i particolari, a servire una clientela sempre più altolocata, sempre più esigente. E sempre con la stessa passione, con lo stesso amore per quel lavoro imparato da bambina, su un piccolo telaio realizzato dal nonno per assecondare questa piccola nipote intraprendente che voleva scimmiottare gli adulti. Gli anni passano. Inesorabili. Ma Elisa non si ferma. Non sente la stanchezza. Non cede alle lusinghe delle nuove tecnologie, dei macchinari moderni. E ci sembra quasi di vederli  Elio e Teresa, nome degli affetti, l’uno intento al suo scalpello, nella stanza accanto, e l’altra a comporre lentamente plaid caldissimi, lane colorate, sciarponi e cardigan. Gli anni 80. I colori sgargianti. I rombi colorati. E poi gli anni 90.

Elisa diviene Cavaliere, Ufficiale, Commendatore, sembrano non essere sufficienti i titoli, le onorificenze possibili per dare conto di un percorso di vita e di mestiere così lungo. Così brillante. Ma gli occhi della tessitrice non brillano quando parla delle medaglie, o quando mostra le pergamene che la  fregiano dei titoli più ambiti. Gli occhi brillano davvero davanti ad una piccola coperta bianca, bordata d’oro, che maneggia con la cura che si riserva alle cose preziose: Il suo dono a Giovanni Paolo II, lo stesso che il pontefice indossava al momento di uno dei ricoveri nelle fasi più dolorose della sua lunga malattia. E ad una lettera. Un ringraziamento autografo di papa Wojtyła : “… Bacio umilmente le tue mani ispirate e guidate dallo Spirito Santo che quotidianamente tessono, insieme al filo, una lode costante a Dio…”. Brillano gli occhi di Elisa.

E brillano di nuovo quando parla di Elio.

Il suo Elio. Il compagno di una intera esistenza.  Il marito, il confidente, l’amico. L’artista. Che ancora oggi, a distanza di anni dalla sua scomparsa, sembra vigilare su questa sposa prodigiosa, che ancora trova il tempo di sedere al suo amato telaio e tessere, e raccontare ogni giorno, con rinnovato vigore, la storia di una esistenza dedita al lavoro. Una sposa che sa ancora intenerirsi di fronte alle sue stesse creazioni, che ha ancora voglia di mostrare quante e quali meraviglie custodiscano i suoi scrigni segreti;

E che trasmette, davvero, la sensazione certa che una vita intera passata coltivando una passione così forte e inesauribile, mantenendo intatta la voglia di creare, è davvero una vita che vale la pena di essere vissuta.

Senza dubbio il suo vero, innegabile, capolavoro.

#Casentinopiu’Magazine2016

 

Roberta Fabbrini
Roberta Fabbrini
Roberta Fabbrini, nata a Bibbiena (AR), (ma cresciuta a Cetica ndr) vive e lavora in Casentino, dove fin dal 1996 svolge la libera professione di Architetto. Appassionata di Arte, Architettura e Paesaggio, e di Recupero del patrimonio storico, collabora stabilmente con Casentinopiù fin dal 2010, tenendo una sua rubrica dal titolo Architettura & dintorni. Appassionata verso tutto ciò che riguarda il Casentino e i casentinesi , scrittrice sempre per passione, si è scoperta da poco tempo anche amante dell'escursionismo naturalistico e del trekking. E della buona tavola. Ma questo da sempre. Tutti settori che rendono il Casentino la sua terra ideale.

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