Alla ricerca dell’enciclica perduta

Humani Generis Unitas, “sull’unità del genere umano”, è l’enciclica che galleggiava sul tavolo di Papa Pio XI (nato Achille Ratti) il 10 Febbraio del 1939: il giorno in cui il Santo Padre s’incaricava di firmarla, fu stroncato da infarto. La lettera pastorale non fu mai pubblicata.

Quello di Pio XI è stato un pontificato “particolare”: Papa Ratti è l’unico, fra quelli del ‘900, a non essere né santo né beato. Durante il papato di Achille Ratti vengono siglati i concordati fra la Santa Sede e l’Italia fascista, prima, e la Germania nazista, poi. La storiografia è concorde nel riconoscere ad Eugenio Pacelli, Segretario di Stato e futuro successore di Ratti al soglio di Pietro, la mano del tessitore sui concordati: il Reichskonkordat, addirittura, riportava la firma autografa del futuro Pio XII come plenipotenziario del pontefice. Ciò nonostante, Pio XII, fu dichiarato santo appena sei anni dopo il congedo.

Quella dei concordati è una pagina triste della diplomazia vaticana, compressa fra il conservatorismo ad oltranza ed il “consalvismo” (così detto dal promotore del Concordato fra Napoleone e la curia romana: il Segretario di Stato, Ercole Consalvi). Il “consalvismo” è la tendenza utilitaristica, dell’intransigenza cristiana, di compromettersi col potere per meglio tutelare l’interesse particolare della Chiesa: nel caso specifico, quello di tornare al centro di uno Stato protestante (il Secondo Reich di Bismarck), diventato aconfessionale (la Repubblica di Weimar). L’intenzione conservatrice del Reichskonkordat, addirittura, rasentava il delirio: la visione distopica di un Terzo Reich quale erede del Sacro Romano Impero Germanico, nel quale aveva battuto il cuore della cristianità medievale.

La curia romana non ci mise molto, ma pur sempre troppo, a capire il proprio errore. Nel 1937, Pio XI emise un’enciclica in tedesco (la Mit Brennender Sorge, “con viva ansia”), indirizzata direttamente al popolo del Reich: un fatto senza precedenti e senza un seguito. Nel 1938, durante la visita di Hitler a Roma, Papa Ratti si chiuse a Castel Gandolfo e serrò i musei vaticani: forse poco, per riscattarsi l’anima agli occhi di Dio. Il punto su dove sarebbe dovuta stare la Chiesa e dove si trovava, esattamente, il nazismo fu affidato ad una lettera (un’enciclica) scomparsa per molti anni: la Humani Generis Unitas, appunto.

La missiva, alla pletora dei fedeli, doveva contenere la condanna dell’antisemitismo (così la ricorda Galeazzo Ciano nei suoi diari) e la conseguente denuncia del regime nazista e fascista. Condanna che, in un certo qual modo, doveva essere esplicitata nel 1938 e che tardò di ben 12 anni: quando, ormai, i giochi erano già stati fatti (manu militari e da ben altri). In effetti, una blanda denuncia del razzismo ed una modesta apertura al Darwinismo, fu effettivamente promulgata nel 1950 con l’enciclica Humani Generis: voluta da Pio XII che, forse per questo, è stato elevato alla santità che difetta a Pio XI. La vulgata è che la Humani Generis, di Pio XII, ricalcasse l’Humani Generis Unitas, di Pio XI: ma non è così.

A nessuno, comunque, fu dato il piacere di valutare da solo se le due encicliche, in effetti, fossero speculari: oltre al non essere stata mai pubblicata, la documentazione, le bozze ed i piombi per la stampa della HGU furono distrutti, ovvero segretati, appena 5 giorni dalla morte di Papa Ratti. L’ordine di eclissare la lettera pastorale, ricorda Domenico Tardini in un appunto autografo del 15 febbraio 1939, fu mosso dalle S.E. Mons. Montini (futuro Paolo VI) e dal Cardinal Paceli (futuro Pio XII).

Già così, la storia dell’enciclica perduta, potrebbe sostenere un bel giallo: giallo che scivola nello spionaggio nel 1963, quando il testo della HGU fu ritrovato. In quell’anno muore Padre John Lafarge, americano, aristocratico, gesuita, colto (laureato ad Harvard), amico personale di F.D. Roosevelt e fervente antirazzista: estensore, soprattutto, della Humani Generis Unitas. Si aprono i carteggi personali del Padre gesuita e salta fuori il testo dell’enciclica perduta: impresso in un microfilm!

È un fatto peculiare che un’enciclica, ancorché non pubblicabile per difetto di firma, venga fatta scomparire e riappaia, sotto forma di microfilm: ma per questa storia ci vorrebbe la mano di Frederick Forsyth. Per la mia penna basta la desecretazione, disposta dal “pastore tedesco” nel 2006, di quanto rimane circa Pio XI negli archivi vaticani: fra cui il testo della HGU che, così, conferma il contenuto del microfilm rinvenuto nel 1963.

Perché parlarne adesso?

L’occasione propizia è gentilmente offerta dall’attualità politica italiana: quella che sembra giocarsi fra baci al rosario (Salvini), pellegrinaggi a San Giovanni Rotondo (Conte), credo religiosi (“sono una donna, sono italiana, sono cristiana”) e comportamenti curiali (Draghi). Su tutti un partito politico che ripropone un adagio caro alla cristianità: la fratellanza, naturalmente, in Cristo. Fratellanza che naufraga, ahimè, sulle sponde del Mediterraneo: dove i doveri della coscienza, sembra, s’infrangano con l’interesse (nazionale).

Il Decreto Sicurezza (voluto da Salvini e Conte) ed il proposito di fermare gli sbarchi clandestini ad ogni costo, con ogni mezzo, rovesciando l’onere probatorio e “contrastando” (Sic!) l’azione delle ONG, inscritto (e sottolineato!) nel programma di Fratelli d’Italia per le elezioni a venire, spezzano il vincolo di U-N-I-T-A-R-I-E-T-À del genere umano: senza pretendere (od almeno io non lo pretendo) che questo sia buono o cattivo, colpevole od innocente.

È questo l’assunto profondo dell’enciclica perduta che non viene assolutamente ribadito nella Humani Generis di Pio XII, che si riferisce al darwinismo con la stessa apertura riservata, illo tempore, a Copernico. È vero che Darwin considera l’utilizzo della divisione in razze, nel contesto del genere umano, come inopportuno: ma la scienza non può categoricamente escluderne l’utilizzo. Ciò a dire che la suddivisione in razze umane è, scientificamente parlando, un fuzzy concept: troppo rarefatto per essere descrittivo. Così l’enciclica di Pio XI non appare convincente proprio alla luce di quella ragione che più spesso invoca: vale a dire se, gli esseri umani, “hanno pari dignità” (…) “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

L’Art. 3 della Costituzione, seppur nei limiti della cittadinanza e della legge, è ben più oltre, nei confronti del cattolicesimo, dell’enciclica datata 1950: nel senso di escludere a priori il razzismo, il sessismo, il confessionalismo, l’antisemitismo e, naturalmente, il classismo. Impegnandosi, per altro, a “rimuovere gli ostacoli” (…) che limitano “la libertà e l’eguaglianza”. Ecco. Seppur nei limiti della confessione Cattolica, e con riguardo alla discriminazione razziale ed all’antisemitismo, la Humani Generis Unitas aveva il merito di derimere, una volta per tutte, la questione.

L’enciclica perduta, che oggi è facilmente consultabile, cita direttamente Paolo di Tarso: il fondatore, a mio parere, del cristianesimo. Di Paolo, la lettera ai fedeli, ricorda la predicazione ai gentili: il fatto decisivo che ha spostato il cristianismo, da eresia giudaica, a religione universale: “cattolica”, dal Greco katholikòs, universale. Un messaggio, quello cattolico, indirizzato da Dio al genere umano (Humani Generis) nella sua U-N-I-T-A-R-I-E-T-À, che in latino suona così: U-N-I-T-A-S. Non un’Ortodossia, un Gallicanesimo od un Protestantesimo ma, appunto, un Cattolicesimo che riguarda ogni essere umano “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua” o “condizioni personali e sociali”. Una posizione dal tono minore, con riguardo alla Costituzione del 1948, ma certamente sulla stessa corda.

Resta il fatto che la condanna del nazismo e del fascismo, pensata nel 1938 all’interno della Chiesa Cattolica, si mosse dalla patristica per dedurre l’unitarietà del genere umano espressa dal Verbo: unitarietà che, evidentemente, nel nazi-fascismo trova la sua dissoluzione. Dico questo perché, visti gli schieramenti in gioco, la questione elettorale si risolverà fra cristiani praticanti: non cogliendo, all’orizzonte, nessuna forma di socialismo che non si consideri un residuato bellico inesploso. A questo punto sarebbe bello sapere se il Santo Padre consideri il genere umano un fatto unitario o se valga la pena ergersi nella difesa della “razza” Ungherese come pretende di fare Orban. Non già per sapere se Orban, o chi per lui, sia un nazista, un neo-nazista, un fascista o qualcos’altro: …

solo per sapere se si tratti di un buon cattolico.

 

Andrea Pancini
Andrea Pancini
Andrea Pancini è un pettegolezzo che qualcuno ha messo in giro. I ben informati sostengono si tratti d’uno scrittore, in concorso al Premio Campiello 2017. Sembra s’interessi a quello che la gente dimentica: vane speranze, amori desolati, eroi vigliacchi, dolori addominali e varia umanità. C’è chi dice che, prima, sia stato qualcos’altro ma che, d’allora, vaghi la notte al chiarore d’una sigaretta: sempre l’ultima. Ignorato dai più, di lui si sa poco se non l’eco di buone letture: Chanel, Versace, Armani. Ad oggi, si sussurra, viva spiaggiato sullo Stretto di Scilla.

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