“La pazzia che dono strano”, un viaggio nella mente insieme ad Antonio Piantini

Copertina del libro "La pazzia che dono strano". Disegni di Antonio Piantini

«Non so se vi è mai capitato di trovarvi in un bosco in montagna, di mattina, poco prima dell’alba. È bello passeggiare nei boschi, senti il cinguettare degli uccelli che interrompono l’aria dal silenzio», Antonio Piantini, l’autore del libro La pazzia “che dono strano” (edito dalle Arti Grafiche Cianferoni) da cui riportiamo questa citazione è un paziente psichiatrico affetto da anni da psicosi maniaco-depressiva.
Antonio parla della sua condizione con tranquillità e voglia di essere propositivo e possibilmente anche d’aiuto per chi come lui affronta ogni giorno le ombre della mente. Ombre che il più delle volte lo colgono impreparato per affrontarle. Sa che un momento buono potrebbe non durare a lungo e pur sentendo questa spada di Damocle sulla testa ha voglia di raccontarsi, ha voglia di curare le sue piante che rischiano l’estinzione nella sua casa di Borgo alla Collina, ma soprattutto ha voglia di scrivere e condividere la sua esperienza.
Il suo libro è rivolto a tutti coloro che vorranno capire. A chi ha voglia di conoscere la pazzia.
Ai familiari dei pazienti psichiatrici e ai loro amici più stretti perché possano addentrarsi un pochino in una mente che ragiona in maniera diversa dalla loro.
«La psicosi è come un solco scavato nel cervello, ci si ricorda ogni singola parola. La paura è molto grande soprattutto quando senti le voci nella testa che segui alla lettera. Potrebbero anche “comandarti” di fare del male a qualcuno o a te stesso. Per fortuna a me non è successo».
È strano il racconto di Antonio, quasi surreale. Quante volte alla televisione, dopo un qualche delitto, l’imputato ha confessato candidamente di “aver sentito una voce nella testa” che gli ha detto di farlo? È strano sentire raccontare certe cose da chi le ha vissute sulla propria pelle.
In queste righe non si ha la pretesa di diagnosticare nulla. Non ci sono raccomandazioni o moniti.

È solo un viaggio nella mente. Una mente provata dalla malattia. Una mente che non sempre ha voglia di vivere ma quando lo fa vale la pena ascoltare quello che ha da dire.
Antonio ha gli occhi che brillano quando parla delle sue sequoie giganti: «Ho comprato 1.200 semi di sequoia perché questa pianta è bellissima e rischia l’estinzione. Sono tanto felice di aver potuto donare e piantare le mie sequoie!».
La natura ha un richiamo magnetico per lui. L’amore per la terra, per il bosco, per le piante (di cui ricorda nomi da enciclopedia così come se niente fosse!) lo fa gioire.
E soffre per una terra ferita e privata di sempre più ettari di bosco che vengono tagliati.
L’invito a godersi la vita è continuo tra le pagine del suo libro. La voglia di essere ricordato, di lasciare una buona memoria alle figlie. E la speranza che un giorno il genere umano si renda conto che essere in armonia con la natura è la cosa più importante. Saranno anche i deliri di un “pazzo”.
Ride quando gli chiedo perché si rivolge a Gesù dandogli del “lei” quando lo sente parlare dentro la testa: «Perché lui è un personaggio importantissimo! Direi il più importante del mondo e dell’universo. Bisogna portare un certo rispetto».
Antonio dipinge. Quadri a olio e tempera che fanno da copertina ai suoi lavori editoriali. Intaglia anche il legno: «Ma non sono molto bravo».
Un viaggio affascinante. Un punto di vista di notevole impatto emotivo.
«Se cerchi qualcosa nel tuo cuore, prima aprilo all’amore», dice in una delle sue poesie.
Grazie Antonio! Cercheremo di ricordarlo.