Sapendo che domani dovrò fare la tac la mia nottata inizia proprio male. Sento da qualche giorno dolori alle costole e ai polmoni quando respiro più forte e a letto questo dolori si accentuano. Il dubbio si insinua dentro la mia testa come un tarlo e inizia il suo fastidioso lavoro.
Non trovo pace, la luce della mia radiosveglia, ricevuta in regalo per la mia prima Comunione, e ancora eccezionalmente in vita, scandisce il tempo che passa, anzi che non passa proprio.
Provo ad aggiungere un altro cuscino. Niente da fare la situazione non migliora e allora ricorro al mio vecchio trucco. Sogno di essere un giocatore di pallone che fa goal da tutti i lati, divento famosissimo e trascino la mia squadra alla vittoria. Mi ricordo che non ho una gamba e il sogno svanisce, non è credibile.
Aggiungo un cuscino, sono a tre, ma i dolori non passano e i pensieri non se ne vanno.
Piano due.
Parto con il sogno che mi farà sicuramente allietare le tensioni. Sono in una casetta sperduta nel Montana e fuori nevica, io sono davanti al fuoco leggo e bevo un bel vino rosso. Continuo a bere e a leggere ma non mi addormento! Finisco briaco, ma con gli occchi ancora aperti.
Sono le 4 e adesso ho anche il quarto guanciale ma in quel modo finisco quasi in posizione eretta.
Sto iniziando a sudare.
La radiosveglia anni ‘80 mi sembra un faro in una notte di tempesta, Trilli appoggiata all’unica gamba rimasta a lei fedele dorme come un ghiro nonostante la mia agitazione.
Con i guanciali inizio il processo inverso, togliendoli uno ad uno ogni quarto d’ora fino a tornare alle origini.
Respiro più piano sono le 5 oramai e la stanchezza si fa sentire. Mi appisolo un po’ ma il sonno vero non arriva, questa attesa per la Tac è veramente estenuante non avrei mai creduto. Sono finalmente le 7.
“Barbara, ci si alza?”
“Così presto vai in ufficio stamani?”
“No, stamani ho la Tac!!!’”
“Fabri, oggi è giovedì non venerdì, la Tac è domani.”
La mia mente si blocca, prendo il cellulare in mano per trovare conferma e infamare mia moglie ma ha ragione lei.
Sento la musica innalzarsi e la voce di Alberto Sordi invocare l’inno per me stesso:
“Te c’hanno mai mandato a quer paese?
Sapessi quanta gente che ce sta…
Er Primo Cittadino è amico mio
Tu dije che te c’ho mannato io…”
A questo punto, rendendomi conto di aver sprecato una nottata decido di tornarmene a dormire giocando il Jolly: l’unicorno.
Cerco la mascherina ma Trilli si è mangiato anche quello! Eh, ma allora ditelo!
Per dispetto mi metto a dormire lo stesso e non vado al lavoro.
Domani è un altro giorno e si vedrà!