Oggi il regalo che ci viene fatto è davvero speciale e arriva da un filosofo vero.
Lui è Domenico Massaro, già preside del Liceo Galileo di Poppi e docente di filosofia presso l’Università di Arezzo, è autore di molti libri, tra cui voglio ricordare “La filosofia, una cura per la vita“, “La meraviglia delle idee“, “A spasso con Socrate” (narrativa per bambini e ragazzi) e “L’uomo della luna” (pièce teatrale recitata da Piero Baracchi nel luglio 2019 presso il castello di Poppi). Fresco di stampa: il romanzo intitolato “Palpebre“, della collana superfluo/indispensabile.
Leggiamo attentamente cosa ci ha inviato Domenico. Quando arriverete alla fine, non sarete più gli stessi di prima. Buona lettura e… grazie Prof.!
“Sappiamo che nei proverbi si racchiude la saggezza dei popoli e che essi esprimono verità a cui per lo più non si presta attenzione, se non nei periodi di crisi.
A tale saggezza attingeva lo psicologo e filosofo svizzero Carl Gustav Jung (1875 -1961), che dedicò la sua vita ad analizzare i sogni, suoi e dei suoi pazienti, le visioni e i miti, sia occidentali che orientali.
Molto belli e significativi i racconti e i “mandala” raffiguranti scene oniriche che egli ci ha lasciato nel “Libro rosso”, tenuto segreto per tutta la vita e pubblicato postumo.
I sogni e le visioni, infatti, per lui erano presentimenti del destino futuro, individuale e collettivo.
Ad esempio, alla vigilia della Grande Guerra, la notte di Natale del 1913, racconta di aver avuto la visione di “fatti sanguinosi e terribili”. Ma l’aspetto sconcertante era che questi fatti non riguardassero solo la storia esterna del mondo, ma ciascuno di noi, che personalmente veniva messo a confronto con le paure e il terrore atavico dell’inconscio collettivo. Insomma, gli eventi esterni ponevano altresì alle persone il problema di come rafforzare il proprio Sé, perché potesse reggere non solo alle dure restrizioni imposte dalla guerra, ma anche, e soprattutto, alla pressione delle proprie angosce.
C’è un bel racconto di Alessandro Frezza, che al tempo del coronavirus attualizza la visione junghiana sulla possibilità di fortificare il proprio Sé dopo una dura esperienza: in altre parole, di far sì che la necessità si trasformi in virtù.
In breve l’apologo narra di un capitano che dialoga con il mozzo e racconta la sua storia. Dopo mesi di navigazione era giunto in porto ed era felice di godersi la primavera a terra. Ma ci fu un’epidemia e la necessità gli impose di restare confinato sulla nave. I primi giorni furono duri, perché non accettava la reclusione. Poi si rese conto che, per uscirne vittorioso, doveva cambiare ottica: aggiungere alle privazioni imposte dalla necessità altre privazioni, di sua scelta: mangiare cibi più facilmente digeribili e fare ginnastica. Ma, sopratutto, doveva nutrire la propria anima, leggendo e depurando la mente dai pensieri meschini e rivolgendo la sera una preghiera a qualche ente superiore che tutto regola. Invece di pensare a ciò che non poteva fare, pensò a ciò che avrebbe fatto una volta sceso a terra. Si godette l’attesa, che serve a sublimare il desiderio, a renderlo più potente. Lo fecero scendere molto più tardi del previsto.
– “Vi privarono anche della primavera, dunque?” – chiese il mozzo.
“Sì, quell’anno mi privarono della primavera e di tante altre cose. Ma io ero fiorito ugualmente, mi ero portato la primavera dentro, nessuno avrebbe potuto rubarmela più”- questa la conclusione del capitano.
Era abituato a circumnavigare mari e oceani, apprese a circumnavigare il proprio Sé, a non soccombere alla paura e a godersi il poco che aveva con gioia.
Come sosteneva anche il grande filosofo olandese Baruch Spinoza nel Seicento, quando consigliava di preferire la Letizia alla Tristezza, perché la prima dà energia e potenzia la vita, mentre la seconda deprime. E suggeriva anche che, di fronte alle difficoltà, non ci si deve abbattere né trattarle con sufficienza, ma bisogna sforzarsi di comprenderle. Comprendere le cause che le hanno generato può essere l’inizio della loro risoluzione”.