A Poppi una giornata di festa per il 1° Memorial Massimiliano Pancini

Di Roberto Gennari

Fa parecchio caldo, sabato 30 luglio, a Poppi, anche se il meteo dice che nel pomeriggio potrebbe piovere. Io sono partito da casa, ho messo nella mia sacchetta gialla le mie scarpe da basket, una fascia tergisudore da polso, un’altra di quelle fasce che avvolgono tutto il braccio, due ginocchiere, dei calzini anti-vescica, una di quelle bibite coi sali minerali e una barretta proteica. Dovrei scrivere un articolo, e soprattutto dovrei giocare il torneo, il 3 contro 3 nel nuovo campetto vicino al palazzetto dello sport, che è stato inaugurato appena qualche mese fa. Il torneo è il primo che viene organizzato qui, ed è in memoria di Massimiliano Pancini, che del Poppi Basket era un’istituzione: dirigente, allenatore, factotum. Massimiliano l’ho conosciuto quando ho scritto un articolo sui cinquant’anni di storia della società, che in questo sabato pomeriggio di fine luglio caldo e assolato è stata capace di portare sedici squadre a partecipare ad un torneo di basket 3 contro 3, mettendo in palio una coppa e soprattutto mettendo a disposizione un campetto stupendo, uno dei più belli che mi sia mai capitato di vedere, e vi assicuro che ne ho visti diversi.  I tre gradoni della tribuna sono ancora un po’ vuoti, c’è gente che tenta di fare un po’ di stretching e qualcuno che di nascosto trangugia una bevanda energetica. I gradoni comunque si riempiranno durante la giornata, soprattutto nel pomeriggio. Appena arrivo mi danno una divisa, double face, col logo del torneo, e mi dicono che è un regalo dell’organizzazione. Non ho una squadra, con me, in questo torneo: mi sono iscritto comunque e mi sono fatto assegnare ad una di quelle che partecipavano. Scoprirò poi che di quella squadra ero probabilmente il più scarso, e la mia idea di venire a Poppi per vincere almeno una partita su sette e salvare così l’onore si compirà già al primo tentativo. Le vittorie saliranno a quota 3 prima della sosta per il pranzo: pasta alla pomarola – che non è una banalissima pasta al pomodoro, e va saputa fare – cocomero a cubetti, acqua fresca. Livello di organizzazione: si rasenta la perfezione. Si ricomincia, c’è una nuvola che passa a coprire per un po’ il sole e dare sollievo a chi è in campo, sistematicamente quando non tocca a noi: perdiamo due partite, ne vinciamo altre due, di cui una al supplementare, grazie anche a un paio di canestri miei, contro una squadra in cui tra gli altri ci sono il presidente della società (“stasera appena torno a casa mi faccio il bagno nell’Aulin”, ha dichiarato, mentre si teneva una borsa di ghiaccio su un ginocchio) ed un mio ex compagno di squadra nella juniores del Poppi Basket, una vita fa, ancora c’erano le lire, vedete voi. Chiudiamo il girone al terzo posto, perdiamo ai quarti di finale, in tutto ho giocato otto partite e ne ho vinte cinque, in massima parte non per merito mio. Alla fine la coppa la porterà a casa una squadra dal nome geniale ma poco politically correct, lo dico? Lo dico: i “rutti di bosco”. Sto venendo via dal campetto per tornare a casa, sono stanco ma sorridente, incontro una collega di Casentino Più, non ha fatto in tempo ad arrivare per paparazzarmi mentre giocavo – c’è comunque un video fatto col drone che immortala un mio canestro – ma mi conferma che visto da fuori sono come mi sento dentro: stanco ma sorridente. È stata una giornata perfetta dove tutto è filato liscio, in nome del basket, in memoria di Massimiliano che mi aveva poi confermato che l’articolo sui 50 anni della squadra gli era piaciuto molto, e che immagino che questa giornata l’avrebbe voluta così. Agonismo, competizione, sudore, vittorie e sconfitte, convivialità: alla fine, anche la pioggia, dopo un timidissimo tentativo, ha deciso che non era il caso di rovinare la festa. “Ma come non bevi la birra?” mi hanno detto quando sono andato a comprare una seconda bevanda ai sali minerali. “Eh, non posso, sono intollerante al lievito” ho risposto. “Ah, ho capito” mi fa il ragazzo al frigo, con quell’aria di chi ti sta dicendo che è un problema grosso, il tuo, ma ovviamente con un una punta di ironia, che diamine, siamo o non siamo in Toscana? E io, mentre salgo in macchina, scarto la barretta proteica e la addento – la pasta era parecchio meglio – penso che il problema grosso è che sto tornando a casa col cuore gonfio di belle emozioni, e come si fa a scrivere un articolo quando si è così coinvolti?

Ho deciso, farò così: non faccio un articolo. Vi racconto il torneo attraverso le emozioni che ho provato. Anzi, a dire il vero l’ho appena fatto.

 

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