Andrea Pancini e il suo Progetto “Fugazi”: un’intervista… complicata

Non è mai un piacere dialogare con Andrea Pancini e siccome so già che mi farà venire il mal di testa, per questa intervista mi sono attrezzato e l’ho incontrato munito di Oki. Lo scopo del nostro colloquio è capire cosa Andrea vorrà fare dello spazio che Casentinopiù intende concedergli ogni settimana. L’obiettivo è capire cosa sia questo Progetto “Fugazi” di cui mia ha accennato via email.

Quindi, Andrea, cos’è lecito attendersi dal tuo progetto?
Fugazi è già un programma. Prima di tutto perché, in italiano, è pressoché impronunciabile e parimente intraducibile, se non per approssimazione. Una buona traduzione del termine sarebbe “fuffa”, vale a dire una chiacchera senza fondamento né significato. L’elezione del termine a progetto programmatico, tuttavia, non vale per ciò che significa quanto per come ha assunto questo significato.

Ok, comincio già a perdermi, ma andiamo avanti…
La radice semantica, da cui Fugazi, prende le mosse da FUBAR. Fubar, a sua volta, non è un padre illustre come il Sanscrito ma un acronimo in lingua Inglese. Fubar sta per “fooled up beyond any recognition” e prese a circolare, nei rapporti dell’esercito americano impegnato nella II guerra mondiale, per tagliar corto. Un aviotrasportato della centunesima finisce imbrigliato su un campanile, posto 20 kilometri oltre la linea del fronte in Normandia? “Pazzesco al dì là del ragionevole”, “fooled up beyond any recognition”. Il senso è chiaro: “è andata così ma non vale la pena capire perché”, forse manco c’è un perché: rapporto finito.
Dalle pagine di un rapporto al colloquio, il passo è breve e la fretta la stessa. L’acronimo, precipitato fra la truppa, trova un altro significato più triviale: “fucked up beyond any repair”. Le iniziali corrispondono ma, nell’ignoranza, muta radicalmente il senso: “fottuto oltre il rimediabile”. La storia narrata è la stessa, quella dello sventurato parà in Normandia, ma la truppa che presta orecchio conclude con la spalluccia: “non c’è più niente da fare”.
L’idea del pazzesco, comunque, rimane.
Cambia la guerra, questa volta è il Vietnam, ma l’assurdo continua a circolare. Magari la solita storia del paracadutista, stavolta fra le palme ed il Mekong, e mentre Fubar esce dai documenti ufficiali, qualche sergente, che era truppa nel gran conflitto, in giro si trova ancora. Sente la solita storia e conclude con Fubar. Che l’espressione sia un acronimo finisce nel dimenticatoio ed anche l’orecchio che l’acciuffa, lo mastica con la bocca. Fubar diventa Fugazi e così la storia pazzesca dell’airborne in Normandia, suona fumosa fra le palme del Vietnam.
Così il sostrato d’incredulità di Fubar diventa il rumore di fondo di Fugazi: “una voce che qualcuno ha messo in giro”. Un pettegolezzo, dunque, ma non la verità. Nella corsa asfissiante alla sintesi, se non è vero, non rimane che concludere per il falso. E così, nel senso di falso, viene presentato nello Urban Dictionary. Fugazi, per il dizionario costruito da chi ne sa meno d’un dizionario, primo nella rete per visualizzazioni, significa “falso”. Il bello è che il presunto etimo del termine sarebbe l’Italiano! Segnatamente, precisa l’autorevole sito, si tratterebbe d’un’espressione usata da Donnie Brasco, nell’omonimo film, per stimare un gioiello falso: “fugazi jewel”.
Arrivati qui, cosa significhi Fugazi e perché, non ha più nessuna importanza. Qualunque cosa significhi Fugazi, è come viene ri-costruito ed in-posto che lascia perplessi. Urban Dictionary, al netto dei followers, è il nulla cosmico. Poi, questo vuoto pneumatico, cita come fonte Johnny Depp mentre recita, nei panni di un italo-americano, una sceneggiatura Inglese! Lo sceneggiatore, ovviamente, non precisa che il termine messo in bocca a Deep sia un italianismo: questo lo deduce il sito guardando ai panni dell’attore. Poi, si lascia credere che qualche frescone l’ha sentito al cinema e divulgato: come se un autorevole pre-uso del termine non ci fosse mai stato. Questo è assurdo.

Non so dove t’ho perso ma l’ho fatto, per cui, mentre ti chiedo gentilmente un goccio d’acqua per sciogliere l’Oki, azzarderò la sintesi. Secondo te, la storia del termine Fugazi sarebbe paradigmatica di come procede l’affabulazione su scala planetaria?
Fosse per questo sarebbe bastato Gorgia ed oggi ce ne sono molti impegnati nell’encomiare Elena: non è questo il punto. La cronaca del termine Fugazi, così come l’ho raccontata, e posto che mi venga concesso il beneficio dell’onestà, non presuppone la mano sapiente d’un sofista ma la più banale volgarità. Una nuova sintassi entro la quale il senso delle cose si costruisce saltando di palo in frasca e riempiendo i vuoti di qualsiasi cosa.

Messa giù così, sembra l’affaccendarsi d’un funambolo che fatica a reggersi in equilibrio senza procedere oltre.
Proprio così e forse più: un funambolo clownesco con i piedoni ben piantati sul selciato e l’ombrellino in mano. Uno spettacolo circense, insomma, entro il quale i protagonisti si risolvono ad ondeggiare senza un motivo apparente se non giocoso o, peggio, fortemente allucinatorio.

Senza offesa eh, ma mi sembra di capire che tu propenda per l’effetto allucinatorio. Ciò a dire che saremmo tutti allucinati da una qualche visione favolistica del mondo?
I personaggi che intendo portare all’attenzione sì: decisamente sì. Di tutti gli altri non posso garantire e di me neppure. C’è sempre qualcosa d’assurdo nella relazione dell’individuo con il mondo ed un’unica garanzia da offrire agli altri: non prendersi troppo sul serio. Pensa tu se l’assurdo, il pazzesco od il semplice malinteso, dividesse le persone, determinasse la storia o governasse l’Europa?
Sarebbe drammatico.
Sarebbe ironico.

Va bene, confesso di non aver capito granché, ma ho la sciagurata tendenza a fidarmi delle persone e, soprattutto, ho stima dei lettori di Casentinopiù che forse riusciranno a capirti meglio di me. Quindi, Andrea, dalla prossima settimana cominceremo a pubblicare i tuoi “Fugazi” e vedremo cosa ne verrà fuori. Una bustina di Oki, in ogni caso, è bene tenerla a portata di mano…

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