I blasoni popolari del Casentino: dimmi come ti chiamano e ti dirò chi sei

Poppi (AR) – Nello spazio informativo-espositivo dell’Ecomuseo del Casentino presso il castello di Poppi è stata allestita una piccola mostra, che sarà visitabile per alcuni mesi, dedicata ai blasoni popolari del Casentino, i nomignoli, spesso tutt’altro che bonari, che i paesi si sono attribuiti reciprocamente e che ancora resistono. L’intento è quello di restituire un lavoro realizzato durante la pandemia attraverso una serie di contatti, segnalazioni e incontri online. L’attività è stata realizzata nell’ambito del progetto LISTEN – Paesaggi sonori attraverso l’Ecomuseo del Casentino sostenuto da Regione Toscana – Giovani SI, Unione dei Comuni Montani del Casentino, Università di Siena con il partenariato della Soprintendenza Archivistica della Toscana e Unicoop Firenze. Hanno preso parte all’indagine Rosalba Nodari dell’Università di Siena, Andrea Rossi dell’Ecomuseo del Casentino UCMC con la supervisione di Silvia Calamai UNISI – Dipartimento di Filologia e Critica delle Letterature Antiche e Moderne

Molto spesso i confini amministrativi non hanno solo una semplice realtà giuridica, ma riflettono dei confini socioculturali. I campanili più prossimi sono quelli con cui ci relazioniamo più spesso, e proprio per questo hanno bisogno di essere distinti da noi, in un processo oppositivo che distingua la ‘nostra’ comunità da quella degli altri, da chi viene da fuori. Attraverso processi storici più o meno noti sono così nati gli etnici, ossia quegli aggettivi e quei nomi che determinano l’appartenenza a una nazione, regione o città (come fiorentino, aretino, senese, romano). In aggiunta a questa rappresentazione ufficiale è però in uso (sebbene il processo sia oramai in via di sparizione) un altro tipo di rappresentazione linguistica delle comunità a noi più prossime. Si tratta dei cosiddetti soprannomi etnici, o blasoni popolari, ossia quei soprannomi che siamo soliti dare agli abitanti di un luogo a noi vicino, con intenzioni di scherzo o, a volte, ingiuriose e che lasciano spesso intravedere l’antagonismo tra realtà attigue. Di solito i blasoni popolari sono una cristallizzazione stereotipica di una qualche caratteristica che definisce l’altra comunità: le motivazioni attestate coprono di solito un vasto ambito antropologico e rispecchiano le caratteristiche degli abitanti e dei luoghi che denominiamo, includendo mestieri, abitudini alimentari, aspetto fisico, qualità psicologiche e morali (R. Nodari).

Esplicitare la “natura dei luoghi e delle persone”, anche attraverso il dileggio e la presa in giro, significa abitare, scegliere di tenere la propria dimora, stabilendo relazioni non occasionali con uno specifico contesto. Significa conoscerne e riconoscerne i caratteri specifici, le vocazioni, i difetti e i pregi. Insomma il blasone popolare può essere inteso anche come occasione per esprimere la “coscienza dei luoghi” come tassello identitario, mezzo per distinguere l’appartenenza e marcare i confini e le specificità delle diverse comunità insediate in un determinato territorio.

Meglio “canzonarsi” all’ombra del campanile o vivere al tempo dei “non luoghi” delle periferie senza nome, dei paesi e dei quartieri dormitorio?


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