I Tesori del Casentino: San Martino nella Pieve romanica di Castel San Niccolò

San Martino di Tours viene ricordato l’11 novembre, sebbene questa sia la data della sua sepoltura e non della sua morte. Martino nacque, intorno al 316, a Sabaria Sicca (oggi Szombathely, in Ungheria), un avamposto dell’impero romano dove il padre, tribuno militare, si trovava con la propria legione. Fu chiamato Martinus, ossia “dedicato a Marte”, il dio della guerra; all’età di quindici anni iniziò a far parte della guardia imperiale a cavallo. A questo periodo trascorso nella milizia, si ricollega il ricordo della sua azione più celebre: ad Amiens incontrò un povero al quale il santo, affinchè potesse ripararsi dal freddo, donò parte del suo mantello, dopo averlo diviso con la spada. Sulpicio Severo riferisce che Martino, abbandonato il servizio militare, fu da Ilario consacrato esorcista e iniziato agli studi teologici. A Ligugé, si ritirò a vita eremitica e dopo dieci anni, fu eletto, a voce di popolo, vescovo di Tours (4 luglio 371). Martino morì a Candes l’8 novembre 397. Il suo corpo fu trasportato a Tours e ivi sepolto l’11 novembre. L’iconografia più nota ricorda la sua elemosina: il santo è raffigurato a cavallo, in atto di dividere il suo mantello con un povero. La sua festa (11 novembre) porta, con “l’estate di S. Martino”, un risveglio di vita nei villaggi, ove si preparano i dolci (sammartini) da inzuppare nel vino. Dalla festa del santo si crede traggano il nome alcuni uccelli migratorî, come Martinello, Martinaccio, Martinet, Martin pescatore, passero di S. Martino. La meteorologia e l’economia agraria ricavano dalla ricorrenza del S. Martino pronostici relativi alla potatura, alle sementi, ai foraggi, al bestiame, alle provviste. Secondo un proverbio rurale, l’estate di S. Martino dura tre giorni, secondo un altro, se piove nel giorno della festa, pioverà per quaranta giorni; secondo un altro, ancora, si può prevedere l’andamento della stagione dallo stato del sole, a seconda che tramonti chiaro e sereno o tra le nubi. In Casentino, al santo è intitolata una pieve romanica a Castel San Niccolò: San Martino in Terdinula (fra pioppi?) o a Vado (Guado nel torrente Solano) la cui costruzione risale al secolo XII. All’interno si conserva un grande affresco, staccato dalla cappella del sovrastante castello, che raffigura al centro assiso su un trono san Niccolò, patrono del luogo e tre santi per lato.

La presenza del santo patrono del paese, al centro dell’affresco, evoca la leggenda di fondazione del castello guidigno. Si tramanda infatti che il poggio dove sorge la rocca fosse infestato dai diavoli che impedivano la costruzione del castello; ogni tentativo di esorcizzare il luogo sembrava andare fallito finchè grazie ad una reliquia di San Niccolò, fu possibile scacciare i diavoli e portare a termine la costruzione del castello. L’affresco, opera di buona fattura, databile al secolo XIV, presenta raffinate decorazioni che rimandano allo stile cosmatesco e le figure stanti dei santi dettagliatamente descritte e facilmente identificabili anche grazie alle iscrizioni in basso che ne tramandano i nomi ma che in parte sono, purtroppo, irrimediabilmente perduti. Subito a sinistra del trono si trova, a figura intera il santo vescovo di Tours: l’iscrizione sottostante ancora ben leggibile lo identifica.

Raffigurato con la mitria e il pastorale regge nella mano destra il Vangelo. La tradizione orale tramanda che anche in uno dei capitelli in pietra arenaria, sia scolpito a bassorilievo, il santo titolare della pieve. La figura a cavallo rimanda al personaggio ma in realtà mancano la spada e il povero cui fece dono di metà del suo mantello. A ben osservare questa immagine, si può notare in basso una figura di cui si scorgono solo le due gambe posteriori che sembra essere inghiottita da un serpente che si snoda verso destra: la scena risulta di difficile interpretazione, tuttavia si potrebbe ipotizzare un riferimento allegorico ad un altro episodio dell’agiografia del santo che fu protagonista di una vicenda relativa alla costruzione di un ponte, episodio che ben si adatterebbe al luogo in cui fu costruita la pieve di San Martino, cioè vicino ad un guado, dove un ponte doveva pur esserci. Dalla biografia del santo vescovo si rileva che l’episodio sarebbe avvenuto presso Pont-Saint-Martin località situata all’imbocco della Valle d’Aosta, alla base della valle del Lys, luogo che conserva nei suoi pressi i resti dell’antica strada romana per le Gallie. Questa leggenda fa parte della tradizione della valle del Lys e rivive ogni anno nel carnevale storico del paese. Si tramanda che il santo vescovo di Tours riuscì a ideare un raggiro che ebbe come risultato la costruzione del ponte sul Lys e come vittima il demonio stesso. Secondo la tradizione, San Martino percorse due volte la Valle d’Aosta per recarsi a Roma e in Pannonia, attraversando in entrambe le occasioni il ponte sul torrente Lys che venne distrutto da una piena; il vescovo Martino per accontentare le richieste che gli abitanti del borgo di Pont-Saint-Martin gli avevano rivolto, pensò allora di chiedere l’aiuto del diavolo in persona e pattuì con lui che al termine della costruzione del ponte, il diavolo si sarebbe accaparrato l’anima del primo che lo avesse attraversato. Ma l’astuto vescovo, quando la costruzione fu compiuta, si recò presso il ponte seguito dall’intero paese, con un cane affamato nascosto sotto il mantello, e dopo aver gettato un pane verso l’altra sponda, liberò l’animale che attraversò il ponte per azzannare il pane. Il Diavolo, furioso, per essere stato truffato, incominciò a distruggere la sua opera, ma San Martino fissò una croce sul punto più alto del ponte e così il demonio scomparve per sempre. Il diavolo venne così beffato da san Martino che in veste di esorcista si rese capace di sconfiggere il nemico infernale. L’immagine presente nel capitello rimane in parte misteriosa e di difficile interpretazione ma l’animale inghiottito dal serpente infernale potrebbe essere il cane che aveva per primo attraversato il ponte? E’ una domanda che è necessario porsi in attesa di una decifrazione più convincente. La leggenda del ponte del diavolo poteva ben essere nota alle maestranze lombarde presenti nella pieve di Castel san Niccolò. E’ suggestivo infatti  ipotizzare che la leggenda della valle del Lys potesse essere arrivata in Casentino tramite i maestri scalpellini che lavorarono alla pieve e che avevano forti legami con la regione francese dell’Alvernia e il nord ovest dell’Italia.

 

 

 

Alberta Piroci Branciaroli
Alberta Piroci Branciaroli
Laureata in Lettere e Filosofia con indirizzo in Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi di Firenze e specializzata in Arte Medievale e Moderna (corso post-laurea) presso lo stesso ateneo, docente di Lettere negli Istituti Secondari di primo grado, ha collaborato con la Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Arezzo per la catalogazione dei beni mobili del territorio provinciale. Vive e lavora in Casentino, collabora con il Centro Creativo Casentino e con il Parco Letterario Emma Perodi e foreste casentinesi. Collabora con la rivista online Park Time dei Parchi Letterari. Numerose sono le pubblicazioni: La Verna. Guida al sacro monte. (Collana curata dal Prof. Brilli. Le guide del viaggiatore raffinato) Ed.Edimond, Città di Castello, 2000 Arte e Architettura religiosa del Seicento. La decorazione barocca della chiesa dell’Eremo di Camaldoli, in “Il Seicento in Casentino”, catalogo mostra, Castello di Poppi, Ed. Polistampa, 2001 Temi iconografici legati alla devozione, loro diffusione nelle pitture del territorio casentinese, in “Il Seicento in Casentino” Catalogo Mostra, Castello di Poppi, Ed. Polistampa, 2001 Da Mercurio a San Michele: un percorso iconologico, in Intersezioni, Rivista Ed. Il Mulino, vol. XXII, 2002 Il polittico della Misericordia, in Piero della Francesca. Il Museo civico di Sansepolcro. Silvana editoriale,2002 Camaldoli, il monastero, l’eremo, la foresta. “Guide del viaggiatore raffinato. Edimond, Città di castello,2003 La città immaginata. Aretium, Ed. Edimond, Città di Castello, 2005 Le collezioni artistiche, in Tesori in prestito. Il Museo della Verna e le sue raccolte, Ed. Industria Grafica Valdarnese, San Giovanni Valdarno, 2010 Curatrice della mostra e del catalogo “Nel segno di Leonardo” La tavola Doria dagli Uffizi al Castello di Poppi. Ed. Polistampa, 2018 Approfondimenti didattici nella pubblicazione di Paola Benadusi “Fiabe magiche per grandi e bambini, Tau Ed. 2019 La valle dei racconti. In Casentino con Emma Perodi, Paolo Ciampi e Alberta Piroci, Aska ed. 2019 Alberta Piroci Branciaroli, San Francesco messaggero di pace, Ed. Helicon 2020 Curatrice della mostra NEL SEGNO DI DANTE. IL CASENTINO NELLA COMMEDIA, Ed. Polistampa 2021 Commenti storico-geografici nella pubblicazione di Paola Benadusi, Sette Fiabe gotiche, Tau Ed. 2021 Con Emma e Dante in Casentino, pubblicazione tramite sito online Bonconte ultimo atto, alla confluenza dell’Archiano con l’Arno, Ed. Mazzafirra, 2021 Curatrice della mostra e del catalogo: Nel segno della vita: Donne e Madonne al tempo dell’attesa. Ed. Polistampa, 2022

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