IL CINQUE MAGGIO

Di Andrea Pancini

Alessandro Manzoni, per il suo coccodrillo, attese la dipartita di Napoleone: penne, certamente, meno nobili di quella si sono lanciati nell’elegia di Sergio Marchionne fin dall’ospedalizzazione: quando il soggetto verrà effettivamente meno, tutto sarà ampiamente digerito.

Non a caso, per abitudine mentale, molti sono stati istigati a ritenere Marchionne già defunto: tanto che Google l’ha spacciato deceduto il 23 Luglio a Maranello! Non una fake news, badate, ma il banale disinteresse e superficialità nei riguardi di una figura che, su scala globale, vale qualcosa ma non abbastanza per spenderci inchiostro. Solo in Italia sembra si sia smarrita la Repubblica Italiana, l’arrondissement dell’Ombrone (la Toscana), il Regno di Murat e le isole: magari è vero.
Marchionne, ma non solo lui, è il prototipo, perché l’ha voluto lui, dello smarrimento di traiettoria di tutta una classe dirigente che, in suo nome, alza gli scudi nei confronti della storia: una storia che già ha provveduto a spazzarli via, quanto tarda ad iscrivere l’ancor vivo Marchionne. Cosa, sostanzialmente, è uscito dalla parabola storica è la composizione di un nuovo equilibrio globale e regionale (inteso come Europa) senza conflitto: una narrazione puerile entro la quale Carlo Magno risultava il patrono del continente, con appena 30 anni di regno, e la Globalizzazione una sorta di cosmopolitismo ibrido fra Kant e la missione civilizzatrice dell’Impero Romano.
A Marchionne, la natura, non ha concesso d’invecchiare alla stessa velocità dello scadere delle sue idee. Forse è questo il tratto più evidente della post-modernità: sopravvivere alle proprie idee. Platone, la Repubblica, non l’ha mai vista quanto Cesare, l’impero, l’ha solo sognato e così Marx ha vaticinato un’emancipazione di classe mai compiuta, Nietzsche iperborei mai esistiti e Rousseau un Emilio impossibile. Tutti serenamente trapassati senza che Nanni Moretti, come in Caro Diario, li chiamasse a render conto della recensione scritta a proposito di “Henry Pioggia di Sangue”. L’evaporazione degli intellettuali, lo si capisce bene, è un fenomeno scontato entro un orizzonte in cui albeggiano visioni che solo tramontano!
Solo così si può spiegare l’elegia di un morto che ancora non lo sarebbe: non per l’anagrafe di Chieti. Morta non è la persona Sergio Marchionne, verso la quale si dispone tutto il mio politically correct, ma la vision che questi ha condiviso coi molti. L’idea che ci fosse un’occasione da prendere al volo, un treno in corsa chiamato Globalizzazione dal quale affacciarsi al finestrino: una novella barca dei folli che ho visto ben rappresentata nell’umanità inclusa nel treno di Snowpiercer. Il tutto condito con interlocutori in via di decomposizione, resuscitati per segnare la linea del cambiamento; Susanna Camusso, Pierluigi Bersani e, da un letto d’ospedale, Enrico Rossi: nemmeno Marchionne fosse il Richard Burton del Tocco della Medusa!
Marchionne non è stato Napoleone, né Wilford e neppure John Morlar: non è stato, in poche parole, niente di unico né d’originale: non è stato un innovatore più di chi lascia andare l’elastico d’una fionda. Ha delocalizzato un’azienda, grande che fosse. Ha venduto il know how della medesima come fosse, e forse lo era, l’unica cosa che valesse qualcosa. Ha eluso il fisco Italiano e vaporizzato 90.000 posti di lavoro che non torneranno mai più, di certo mai più! Ha sostituito questa amara realtà con un delirante programma di sviluppo degli investimenti in Italia, che qualche beota ha visto bene di sottoscrivere. Ha provveduto la liquidazione di un’attività che non investiva più da almeno 20 anni e per questo, se l’economia non è una favola, versava in uno stato disastrato. Ha usato la disperazione degli operai Italiani per introdurre condizioni contrattuali “americane” ed è stato, di certo, l’ultimo CEO di FCA a parlare un Inglese dal forte accento alloglotta.
Forse Sergio Marchionne non voleva questo, magari da filosofo ed uomo di cultura mirava davvero all’emancipazione da un qualche stato di minorità umana: “ai posteri l’ardua sentenza”. Ma se Napoleone ha sicuramente seminato la modernità, Marchionne s’inscrive a buon diritto fra gli estensori delle ultime righe.

 

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