Iniziativa Coop.fi “Arno 2016” e il libro di Saida Grifoni

Quando si pensa a un fiume, si immagina un corso d’acqua più o meno piccolo, più o meno prosciugato che sta lì, da una parte, mentre viaggio con la mia auto e, intrappolato nel traffico, getto là uno sguardo. Si rammentano le alluvioni, vengono in mente le zanzare e l’umidità; poi si pensa ai ponti che lo attraversano e al colore dell’acqua, verde, scura e con qualche busta di plastica in superficie. Lo stereotipo del fiume è pressappoco questo. Specie nelle grandi città, dove il traffico, la fretta e l’inquinamento hanno relegato la natura ad un ruolo infimo e insignificante. Eppure il fiume, come ogni altro elemento della natura, riuscirebbe a esprimere un legame più intimo e duraturo, se solo sapessimo ascoltare. Il fiume nasconde valori profondi e raccoglie in sé una storia millenaria. Storia di vite comuni e di civiltà, che intorno ad esso sono nate e cresciute. Oggi il degrado e l’abbandono strozzano questa parte di noi che ci lega alla natura. Ed è questo aspetto che emerge, sempre più consapevole della propria importanza, nelle parole del libro che Saida Grifoni dedica al fiume Arno; dal titolo Lungo l’Arno. Paesaggi, storia, culture. Dal Falterona fin là dove il tosco fiume ha foce, edito dalla casa editrice Aska Edizioni di Firenze nel 2016. Il volume, dopo l’incontro a Pratovecchio-Stia del 18 agosto, è stato presentato nella sala della Bibliocoop di Arezzo in via Amendola, lo scorso 24 settembre. Iniziativa inserita nella manifestazione Arno 2016, ideata e organizzata da Unicoop Firenze con il patrocinio della Regione Toscana, della Provincia e del comune di Arezzo. L’evento, che ha visto la partecipazione di un nutrito pubblico di appassionati spettatori, è stato presentato dall’autrice stessa e da una voce più che autorevole in fatto di storia e cultura legate al nostro territorio. Quella del Dr. Alessandro Garofoli, funzionario scientifico e specialista presso l’Università di Siena, socio di alcune importanti associazioni di carattere storico e culturale, collaboratore di numerose riviste storiche nonché fondatore e consigliere della Società Storica Aretina, che ha saputo far calare il pubblico nel passato e nella cultura che gravita intorno al fiume Arno. Paragonandolo alla vita di un essere umano, Garofoli definisce il fiume come una persona che nasce e cresce fino ad arrivare alla sua foce. Così l’Arno origina dal monte Falterona in Casentino presentandosi come poco più di un rivolo, per poi riversarsi nelle vallate aretine con tutta la sua forza concludendo il suo tragitto nel Mar Ligure. Racconta le vicende del suo declino prima con la costruzione delle ferrovie in Italia che hanno ridotto notevolmente gli scambi fluviali e poi negli anni ’60 quando iniziò ad essere usato come luogo di scarico pur facendo arrivare comunque le sue acque nelle case della gente. Cita le alluvioni devastanti che ha generato e che si ripetono con una ciclicità di quasi cento anni. Come quella verificatasi nel 1333 dove i danni furono ingenti e la colpa ricadde, già da allora, sull’uomo e la sua irresponsabilità. In occasione delle esondazioni vengono elencati i ponti storici che hanno sempre retto alla sua forza distruttrice, come Ponte Romito in Valdarno e Ponte Buriano nel basso Casentino. Si affrontano molte fasi storiche che evidenziano l’attaccamento che vi era tra popolazioni locali e il fiume stesso. Legame che si manifestava in forti attenzioni di natura anche politica, come quando, sotto la professionalità di un ingegnere e intellettuale come Vittorio Fossombroni, per ridare più corpo al fiume, venne deviato il tragitto del torrente Chianti che prima si immetteva nel Tevere e ora confluisce nell’Arno. Così come gli aspetti culturali che si esprimono nelle parole di molti poeti affascinati dalla sua bellezza. I vari Dante Alighieri, che lo menziona più volte nella Divina Commedia; Gabriele D’annunzio, Pablo Neruda, Giovanni Papini e Mario Luzzi che al caro fiume dedicarono versetti e poesie. Nel merito del volume di Saida Grifoni, lo studioso sottolinea i valori che l’autrice incorpora e riversa nel suo lavoro. Un’opera che ha un forte impatto divulgativo e che ridona all’Arno la sua identità perduta. Lo esalta e ne definisce le sue componenti etnografiche ed etnologiche. Si evidenzia l’importanza delle fotografie inserite nel volume. Toccanti, pregne di significato che vogliono lasciare un ricordo positivo e nostalgico di quello che il fiume era e che potrebbe ancora essere. E proprio con queste parole, l’autrice si rivolge al pubblico e ai suoi lettori, inviando un messaggio concreto, reale, che associ il fiume ad un qualcosa di bello. Basta con le paure legate alla forza devastante della natura, basta con l’abbandono e la mancanza di rispetto. La Terra deve essere riscoperta e amata come parte di noi stessi. Il libro, uscito casualmente nel periodo in cui ricorre l’anniversario della famosa alluvione del 1966, non vuole esserne dunque uno studio commemorativo, ma un monito a guardare oltre.

La presentazione si è conclusa con un ampio e interessante dibattito in cui il pubblico ha sollevato questioni relative alla vivibilità del fiume oggi. È stato fatto un accenno all’iniziativa della Regione Toscana sulla realizzazione di una pista ciclabile che ripercorra l’intero tragitto del fiume, si è sottolineata molto l’importanza delle scelte politiche come possibilità di cambiare lo stato di cose esistente. Infine un importante accenno al fatto che il libro possa essere utilizzato come vero e proprio materiale didattico nelle scuole.

Un fiume da ritrovare dunque. Un fiume da ripensare. Nella sua storia e nella sua identità. Per rievocare quelle sensazioni che, solo le parole di un poeta, ci possono regalare:

Io entrai a Firenze. Era di notte. Tremai sentendo quasi addormentato ciò che il dolce fiume mi raccontava. Io non so ciò che dicono i quadri e i libri (non tutti i quadri né tutti i libri solo alcuni), ma so ciò che dicono tutti i fiumi. Hanno la stessa lingua che io ho

Il fiume (Pablo Neruda)

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