Romena, Don Luigi Verdi ci spiega l’umiltà

Sette modi di dire umiltà
di don Luigi Verdi

L’umiltà di Savonarola
Quello che abbiamo più o meno capito che l’umiltà è humus, terra. Ma non tutti pensano che la terra è viva. Quando si pensa a uno umile si pensa a una persone che non dà noia, che non si ribella. Non è così perché la terra è viva, ha un profumo, la terra grida.
Ho trovato questo passaggio di Girolamo Savonarola. Sapete la sua storia. Lui semplicemente diceva le cose come stavano in maniera molto netta ma il Papa lo riprende dicendogli che non è umile, che il suo non obbedire era segno di poca umiltà. E Savonarola risponde così: “Vi dico che per esser prete vi è ben altro che candele e stole e paramenti. Per essere prete bisogna imparare ben altro che cantar latino e pronunciar litanie. Bisogna aver imparato a vivere, bisogna aver dentro il fuoco, fiamme vere. Il cristiano, se è cristiano vero, è parecchio scomodo. Dà noia, dà fastidio, si vorrebbe stesse zitto. E non è vero forse che fare il prete si stima cosa da donnetta, da faccia triste, da timorati occhietti smunti? Tu sì, tu pretino che te ne vai in giro tutto pulito e lindo, con la bella divisa tra i capelli, la barba rasata perfetta liscia, tu che porti le belle camicie nere, le tonache stirate, sarai tu un difensore dei deboli? Sarai uno di quelli di Cristo, Cristo che cacciava a pedate i mercanti dal tempio. O non sarai proprio tu a farceli entrare i mercanti nel tempio? E poi sei tiepido, pretino, sei spento, sei tristo, dove sta in te la fiamma di Cristo? Dove brucia in te la forza dello spirito, dove?”
Io credo che l’umiltà non è subire, non è starsene buoni, ma essere autentici.

L’umiltà dei contadini
Ricordate cosa dice Gesù ai pescatori che non hanno preso nulla per tutta la notte? Gli dice: tornate a pescare. I contadini rimasti qui fanno questo da sempre: ogni anno riattivano la vita senza l’assillo di doverla conservare. Amano ciò che la natura dà, si fidano di ciò che la natura dà. Pietro, “il Moro”, il contadino che abita qui vicino, che vive da sempre a Romena, a 82 anni continua a piantare gli ulivi. Ma chi te lo fa fare? Vien da dirgli, ci vorranno ancora 5 anni perché possano crescere. Ma il Moro sa che la vita non finisce con lui, e quello che fa è per quelli che verranno dopo. Ha ragione Antonietta Potente quando dice che le nostre ricerche sono egocentriche, che sono puntate su noi. Il Moro pensa invece che la terra è esistita prima di lui e che continuerà dopo di lui. Per questo continua, con umiltà, a piantare gli ulivi.

L’umiltà di non fermare il vento
La bellezza del vento è che ci fa uscire dal nostro baricentro, che ci fa dondolare, inquieti, rispetto a quello che abbiamo realizzato. Diceva padre Turoldo che “Lo spirito è il vento che non lascia dormire la polvere”. La bellezza del vento è che se te hai messo polvere sulla tua vita, il vento la porta via. “Voi – canta Fabrizio De Andrè – non potete fermare il vento, gli potete solo far perdere tempo”.
E noi della chiesa quante volte abbiamo fatto perdere tempo allo spirito…
Umiltà è fidarsi del vento che ci fa andare oltre ciò che abbiamo realizzato, che scuote la polvere su cui rischiamo di adagiarci.

L’umiltà di imparare
Ho seguito una mamma che poi è morta di leucemia. Aveva una bambina piccola e il babbo, dopo la scomparsa della moglie, ha cercato di prendersi cura di lei da solo. Così ha provato a preparare e darle da mangiare col biberon. Ma mentre cercava di porgerle il biberon la bambina ha allungato le manine, gli ha preso il biberon e ha cominciato a girarlo come faceva la mamma, per scaldare il latte…Quel ricordo di mamma le si era già impresso dentro…
Si può imparare anche da un neonato. Umiltà è la capacità di imparare da tutti.
A me nella vita ha insegnato soprattutto le persone più semplici, più umili, perché sono le più creative, perché nel fare cose apparentemente semplici, dimostrano lo stesso ingegno di chi fa un’opera d’arte.

L’umiltà dell’imperfezione
Mi viene in mente mia mamma che cucina benissimo, con tanta cura, ma, quando prepara un bel pranzo, si perde nei passaggi finali, quando si tratta di apparecchiare, di offrire il frutto della sua cura. Mi piace questa imperfezione, è come se dicesse, “io ho fatto quello che potevo, ora pensateci voi”. E’ una grande umiltà accettare di essere imperfetti.

L’umiltà di Cenerentola
Mi piace da morire questa immagine della storia di Cenerentola.
Il padre di Cenerentola parte per un lungo viaggio. Le sorellastre gli chiedono come dono gioielli e bei vestiti. Cenerentola invece chiede il primo rametto che il padre urterà tornando a casa. Sarà un ramo di nocciolo. Lei prende questo rametto lo pianta nella tomba della mamma e va tre volte al giorno con le lacrime a bagnarlo. E arriva questo uccellino bianco che si posa sul nocciolo.
Questa lezione ci fa capire perché Cenerentola non reagisce mai alle sorellastre: non per un senso di umiltà vissuta come sottomissione, ma perché punta oltre, perché vede oltre. Chi è umile ha uno sguardo che sa andare oltre.

La fertile riva dell’umiltà
Per concludere vi consegno una definizione di umiltà che ho trovato nelle Elegie duinesi del gran de Rainer Maria Rilke.
Il poeta descrive l’umiltà così. “Puro, discreto, sottile, lembo umano, nostra fertile riva tra pietra e torrente”. Così penso sia l’umiltà.

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