Il mio amico Giovanni (Cherubini) – di Giorgio Renzi –

Di Giorgio Renzi

Qualche giorno fa ho appreso dalla stampa locale e dai social della morte di Giovanni Cherubini. E’ l’ultimo di una serie di amici e collaboratori che ci hanno lasciato nel corso del maledetto anno bisesto 2020 e l’inizio di questo 2021.

La vita di Giovanni si è più volte intrecciata con la mia. Il nostro rapporto di amicizia e di stima è stato istintivo e istantaneo, almeno da parte mia.

Era l’anno accademico 1965/66, quando ci siamo incontrati la prima volta. Io ero un giovane studente iscritto alla facoltà di filosofia dell’Università di Firenze. In quell’anno decisi di seguire il corso di storia medievale, tenuto dal prof. Ernesto Sestan. Come si faceva allora mi fu affidata, assieme alla conoscenza generale della storia medievale, una relazione sull’eresia dei Catari. Mi fu detto che mi avrebbe seguito il nuovo assistente, il prof. Giovanni Cherubini, che veniva da Arezzo.

Già dal primo incontro ci siamo intesi, siamo entrati in sintonia. Io che avevo un certo timore di questi universitari, spesso con un po’ di puzza al naso e con l’aria aristocratica e distaccata,e che ti guardavano dall’alto in basso, mi trovai subito a mio agio. Mi sembrò immediatamente di trovarmi di fronte ad un ragazzo di campagna come me. Aveva l’aria modesta di noi campagnoli, sembrava fosse a disagio anche lui in quell’ambiente e in quel ruolo, anche se era evidente la soddisfazione e l’orgoglio di essere stato chiamato dal prof. Sestan a fare il suo assistente.

Fu lui a parlarmi del suo paese, Bibbiena, che io allora non conoscevo e in cui non ero mai stato. Non pensavo, allora, di diventare un suo compaesano, e tantomeno un suo sindaco. Dopo l’università, e fatto il militare, mi ritrovai”sbattuto” ad insegnare a Bibbiena. Mi sono allora ricordato di quell’assistente che mi aveva seguito nel mio esame di storia medievale.

Cominciata poi la mia avventura di amministratore locale, prima al comune di Bibbiena, poi alla Provincia di Arezzo, ho potuto riallacciare i rapporti con Giovanni. E’ stato un prezioso collaboratore , suggeritore, consigliere per tante iniziative culturali . Nelfrattempo era diventato un titolare di cattedra, un illustre studioso, con tante pubblicazioni, apprezzate a livello nazionale e internazionale. Nonostante il suo potere di “barone” universitario, non aveva mai perso la sua aria colloquiale ed umile da ragazzo di campagna, anche se di successo. La sua morte mi ha colpito. Forse anche perché sembra un avviso per quelli della mia generazione, una specie di “memento” come recita la liturgia della Chiesa.

Ma Giovanni per me rimane un amico ed anche un testimone di quella generazione di ragazzi di modeste origini che, grazie alla scuola, sia pure con tanti sacrifici, sono riusciti a riscattarsi, a fare carriera. Questo era il bello della nostra generazione del dopoguerra: la speranza di emergere e di cambiare le nostre condizioni di vita. Quella speranza che sembra negata ai giovani di oggi.

Giovanni, il mio amico, io non lo posso dimenticare. E’ parte della mia storia, della mia vita. Ciao, Giovanni!

Giorgio Renzi

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