Le mie escursioni: da Battilocchio a Poggio Scali

Tutto il crinale delle Foreste Casentinesi, dal Passo della Calla fino alla Verna per capirsi, è percorso dal sentiero GEA00. Nel tratto che va fino a Camaldoli questo percorso è chiamato “la Giogana”, in ricordo del fatto che quassù lavoravano di gran lena i buoi, agganciati appunto al giogo impegnati a trasportare il legname a valle.

Perfino Dante cita questi luoghi parlando del “gran giogo” in un canto del Purgatorio della Divina Commedia. In effetti queste lande, come spesso capita nel nostro bel Paese, hanno antiche origini e utilizzi. Ben prima di diventare luoghi di svago e di rigenerazione sono stati testimoni silenziosi di epoche antiche. In particolare, questo sentiero faceva parte dell’antica via dei legni, così chiamata appunto perché da queste cime i tronchi di abete venivano trasportati a prezzo di grande fatica fino a Firenze e addirittura a Pisa, via Arno, per essere poi imbarcati e trasportati fino in Inghilterra.

Il percorso più classico per giungere a Poggio Scali prevede di partire dall’Eremo di Camaldoli, oppure, in senso contrario, dal Passo della Calla. Oggi però voglio iniziare il cammino da Battilocchio, un’area picnic attrezzata, e un po’ meno conosciuta, che si trova a circa 3km dall’Eremo lungo la strada che da Camaldoli porta a Lonnano. A differenza delle aree più conosciute Battilocchio ha un’aria più intima, che la rende per questo più affascinante. Parcheggio l’auto in uno spiazzo nei pressi di una piccola casa cantoniera. Indosso gli scarponi e parto. Percorso un breve tratto di strada forestale, vengo accolto da uno splendido tappeto di foglie, tipico di queste meravigliose faggete. Ogni volta che progetto un trekking prediligo sempre un percorso ad anello, per quanto possibile, perciò, tavolini alle spalle, m’incammino seguendo la strada forestale in discesa, a sinistra, dirigendomi verso la radura di Capanna Maremmana. Giunto in fondo attraverso un piccolo ponte di legno, ormai da mesi pericolante, che mi consente di attraversare il fosso di Pian del Varco per poi riattaccare in dolce salita sempre all’ombra di faggi maestosi. In alcuni tratti il panorama si apre sulla vallata, ma in genere è l’ombra a farla da padrona.

Dopo circa 3 km arrivo al bivio per l’Aia di Dorino, c’è uno slargo con dei tronchi su un lato, io svolto a destra, prendo il sentiero 78 e affronto l’unica salita impegnativa del percorso, circa un km per raggiungere Poggio Acerone ed arrivare a Passo Porcareccia, un’altra piccola radura dove mi immetto a sinistra sulla Giogana (sentiero 00). Accanto al sentiero uno degli antichi segnali di confine credo, una piccola pietra su cui riconosco il simbolo dei camaldolesi, le due colombe ed il calice.

Cammino con calma in una totale tranquillità, sulla destra scorre la riserva integrale di Sasso Fratino che è probabilmente la gemma più preziosa del nostro Parco. È stata la prima riserva naturale integrale istituita in Italia nel 1959, da qualche anno è diventata Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO.  L’accesso a quest’area, lo testimoniano tanti cartelli, è severamente vietato, serve uno speciale permesso per motivi di studio ed è importante rispettare questo luogo poiché costituisce un ecosistema prezioso e raro. A fianco di questa meraviglia proseguo nella camminata in un silenzio rotto solo dal rumore di un aereo che passa sopra di me, chissà dov’è diretto…naturalmente è solo una mia impressione, tuttavia quassù sembra davvero sia più vicino. Dopo poco arrivo alla meta della mia camminata, il cucuzzolo di Poggio Scali che, con i suoi 1520 metri di altitudine, è il punto più alto di questo tratto di sentiero. Anche se la vegetazione ormai limita la visuale verso il mare, il panorama che mi si offre davanti ripaga ogni sforzo e cancella in un attimo ogni brutto pensiero. Lo sguardo spazia dal sacro monte de La Verna alle bianche pale di Secchieta, dal ramo della diga di Ridracoli fino ai prati della Burraia. L’Emilia-Romagna si stende ai miei piedi con tutto il suo splendore. Davanti al piccolo cartello di legno, a forza di calpestarla, non c’è più erba. Un piccolo gradino naturale mi invita a riposare un attimo per restare in contemplazione di tanta bellezza. Cerco sempre di arrivare molto presto e godermi in solitudine questo spettacolo meraviglioso in ogni stagione. Oggi mi accoglie il contrasto del cielo azzurro con il verde della foresta, ma non è da meno il colorarsi di tinte gialle dell’autunno, per non parlare del bianco della neve. L’estate è la stagione che preferisco, ma la Giogana è davvero incantevole anche nelle fredde mattine di inverno, ciaspole ai piedi e nessun rumore intorno oppure avvolti nella nebbia autunnale, con i maestosi faggi a fare da sentinelle ai lati del sentiero. La prima volta che ci sono stato, carico di promesse di panorami sconfinati, c’era una nebbia così fitta che non riuscivo a vedere che pochi metri dinanzi a me. In montagna capita.

Poggio Scali

È tempo però di rimettersi in cammino ed iniziare il percorso inverso, sempre sulla Giogana, tra piacevoli saliscendi ora in Emilia ora in Toscana. Giungo dopo 4 km ad una radura chiamata Giogo di Secchieta, un imposto, come viene chiamato, dove il legname veniva raccolto per la discesa a valle.

Accanto ai cartelli che spiegano questa antica attività, dovrei prendere il sentiero in discesa. Vale però la pena continuare per un centinaio di metri per affacciarsi su una larga radura chiamata Prato al Soglio, un’oasi perfetta per un picnic estivo. Tornato sui miei passi dopo questa breve deviazione inizio la discesa a sinistra sul sentiero 76 verso la base di partenza, percorrendo l’ultimo chilometro tra faggi maestosi. Arrivo a Femmina morta, luogo così chiamato perché si dice che qua fu ritrovato il corpo di una donna, ma quando successe non è dato saperlo.

Sono di nuovo arrivato all’area di sosta, noto che alcuni dei tavolini, che stamattina erano sgombri, sono stati “prenotati” da apparecchiature improvvisate, evidentemente lasciate da escursionisti che al rientro dal cammino vorranno concedersi un pranzo al fresco di queste splendide foreste.

È tempo di rientrare, ancora una volta rigenerato da una natura così armoniosa, e ogni volta non posso far a meno di considerare quanto siamo fortunati a vivere in luoghi così belli e a portata di mano.

Il percorso descritto, semplice e alla portata di tutti è di circa 12 km, percorribile in ogni stagione salvo nevicate, in circa 3 ore

Il percorso

 

Lorenzo Basagni
Lorenzo Basagni
Nato ad Arezzo, cresciuto a Ponte a Poppi e vivo a Lierna. Sposato con Daniela e babbo della splendida Giulia. Impiegato di Banca con tante passioni. Tifoso dell’Arezzo e di Porta Santo Spirito, ma soprattutto innamorato della F1 e della Ferrari, di modellismo e di viaggi. Ho scoperto qualche anno fa di amare anche camminare per le nostre foreste, preferibilmente da solo e la mattina presto.

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