“Lungo l’Arno”, il libro di Saida Grifoni

Il volume LUNGO L’ARNO. PAESAGGI STORIA E CULTURE di Saida Grifoni (Aska Edizioni, Firenze) racconta la plurimillenaria intensa utilizzazione degli spazi e delle acque dell’Arno da parte di uomini e donne che lo hanno volutamente scelto per insediarsi, nonostante i rischi derivanti dal suo regime irregolare di fiume-torrente; uomini e donne volti, ovunque e sempre – al di là delle specificità locali e temporali –, a ricercarvi risorse e opportunità di vita e di lavoro, specialmente alla scala comunitaria, nonché occasioni di ispirazione letteraria e artistica, momenti di svago e di riposo.
La geografia storica è il punto di vista per raccontare la storia arnina: una realtà di lunga durata fatta di familiarità, ma anche di attriti e forme di resistenza tra gli uomini e il fiume, per ricostruire la quale è necessario ricorrere ad una molteplicità di fonti, quanto multiformi sono state le funzioni svolte nei millenni dal fiume.
Passeggiando, dalla sorgente alla foce, lungo le sponde oppure navigando per lunghi tratti con canoe e gommoni, si percepisce con immediatezza la lunga storia sociale dell’Arno. Quasi ovunque toponimi e manufatti raccontano ciò che l’Arno è sempre stato per la Toscana: via di valico e collegamento fra regioni, vettore di trasporto commerciale e civile, occasione per sviluppare un’agricoltura assai produttiva e anche irrigua e molteplici altre attività economiche (non solo legate alla trasformazione delle sue risorse), ma anche luogo di ispirazione e contemplazione religiosa e culturale, di festa, sport, svago e divertimento. A ricordare le sue funzioni economiche, sociali e culturali stanno mille siti di osservazione, come i greti che un po’ dappertutto, lungo l’asta fluviale, servirono le economie di sussistenza e di mercato: raccolta di specie arboree e arbustive e luoghi di pascolo, postazioni per la pesca, spazi per l’approvvigionamento di materie prime (argilla, rena e ciottoli), traverse e pescaie per alimentare produzioni di energia idraulica che muoveva gli ingranaggi di mulini da cereali e da macinazione delle pietre e di gualchiere per i panni di lana o più recentemente di centrali idroelettriche. E ancora, sulle sponde prodotti artigianali e servizi (conciatori di pelli e funai, cantieri navali, lavandaie e curandai), quasi ovunque i porti e le navi o barche per la navigazione longitudinale e trasversale con i suoi numerosi mestieri (foderatori, navicellai, traghettatori, guardiani di ponti e pescaie o calloni). E poi, dopo tanto duro lavoro, l’Arno si trasformava (specialmente in città) in area di riposo e divertimento, di giochi, di feste popolari e religiose e di celebrazioni ufficiali da parte del potere politico.
Dalla riscoperta di questi stretti legami storici, delle “geografie umane” organizzatesi nel passato anche recente lungo le diverse sponde dell’Arno, può partire, oggi, un nuovo e consapevole avvicinamento ad un fiume che attraversa un terzo della Toscana, la parte di gran lunga più popolosa e ricca di città importanti come Firenze, Pisa ed Arezzo. Oggi, qua e là, dove le vie di libero accesso e la creazione di parchi attrezzati e di aree naturali protette lo rendono praticabile, all’interno dei centri rivieraschi o nell’aperta campagna – così come nei tanti locali di ritrovo che usano l’Arno come ricercata quinta scenica –, il fiume è tornato a essere splendida cornice per tempo libero, sport, divertimento e socializzazione; per passeggiate a piedi o a cavallo, giri in bicicletta, pesca sportiva, canottaggio e bagni di sole, teatro suggestivo da rappresentare con i più diversi linguaggi dell’arte, della letteratura e delle nuove tecnologie.
Tale crescente uso moderno dell’Arno si rivela come il circolo virtuoso per tornare al fiume e renderlo, con ciò, nuovamente vivo sotto l’aspetto sociale.
Dopo decenni di disinteresse ed estraneazione, l’importante scommessa che le pubbliche istituzioni (dal livello centrale al locale) stanno ora giocando è quella di restituire il territorio all’Arno e l’Arno al territorio (beninteso via via che viene perseguito il fondamentale e impegnativo compito del risanamento delle acque fluviali e della messa in sicurezza idraulica del territorio circostante).
Infatti l’Arno si mostra come contenitore di manufatti, architetture storiche e tradizioni locali.
E le numerose emergenze storiche, collazionate grazie all’analisi delle fonti e all’osservazione diretta lungo il fiume e nelle sue adiacenze, creano un continuum culturale che in astratto configura lo spazio arnino come un museo diffuso che potrebbe prendere la forma di parco culturale.
Dalla sorgente alla foce, si possono ripercorrere le vicende storiche del fiume, a partire dall’antichità, componendone gli elementi culturali, materiali ed immateriali: la storia remota e passata e quella recente del fiume si esplicano come una continua opposizione tra familiarità e paura, spazio di lavoro e luogo di ricreazione, memoria e assenza dal fiume.
Ma si tratta di un patrimonio a rischio sia per la natura molto dinamica dell’ambiente fluviale, sia per l’approccio di chi opera in un ambiente di tal genere, non sempre rispettato nelle sue valenze storiche e culturali.
La tutela si fonda, attraverso la classificazione, sulla conoscenza delle presenze geografiche e storiche in base alle quali individuare aree e modalità di tutela: i manufatti architettonici, ma anche i filari alberati, gli alberi monumentali (grazie ai quali progettare accorgimenti per limitare l’impatto delle moderne attività sul paesaggio: ad esempio quinte arboree e aree boscose per attutire l’inquinamento atmosferico, acustico e luminoso causato dalle strade e dagli insediamenti), gli interventi storici di bonifica (per ripensare l’equilibrio idrico arnino), il sistema idrico come somma di azioni storiche (che è valore paesaggistico e che insegna ad evitare modifiche e distruzioni e a progettare interventi secondo le tecniche dell’ingegneria naturalistica mantenendo siepi e filari lungo le sponde riparie e ripristinando la vegetazione autoctona).
Il principio da perseguire è che la sostenibilità delle scelte nel pianificare e nel progettare riguarda non solo l’ambiente fisico, ma anche l’ambiente sociale.

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