I Tesori del Casentino: il dipinto di San Michele Arcangelo nella chiesa di Raggiolo

Il 29 settembre si celebra una delle due feste dedicate all’arcangelo Michele, in ricordo della consacrazione da parte del vescovo Maiorano della grotta che fece da scenario all’episodio di Gargano e il toro (da qui il nome del promontorio/sperone d’Italia); la festa dell’8 di maggio ricorda invece la vittoria dei Longobardi sull’imperatore d’Oriente nell’anno 663. Figura emblematica, il cui culto si diffuse in tutta Europa soprattutto ad opera dei Longobardi, Michele è titolare di numerosi luoghi di venerazione; tra questi, a partire da Monte Sant’Angelo sul Gargano, se ne annoverano alcuni di particolare importanza, tutti posizionati lungo una linea retta, chiamata Linea Sacra, che collega Israele con l’Irlanda attraversando la Grecia, l’Italia, la Francia e l’Inghilterra (Ley Line di san Michele). Numerose sono le funzioni che l’arcangelo ricopre: psicopompo (accompagnatore delle anime dei defunti) ruolo che nella cultura greco/romana era ricoperto dal dio Hermes/Mercurio, psicagogo (pesatore delle anime nel giudizio particolare) e taumaturgo, ma soprattutto è nota la sua funzione di comandante delle truppe celesti, vittorioso contro il dragone infernale (Apocalisse 12). Le raffigurazioni più diffuse lo ritraggono in lotta con il drago/diavolo proprio come nella tela che si trova presso la chiesa a lui dedicata nel paese di Raggiolo. Il dipinto, scoperto dalla sottoscritta in un locale sottostante la chiesa, durante una campagna di catalogazione per la Soprintendenza aretina nel lontano 2002, versava in pessime condizioni. Un attento restauro ha reso alla comunità un interessante dipinto seicentesco, copia dell’opera simbolo del Museo Bardini di Firenze, attribuita dalla maggior parte dei critici d’arte ad Antonio del Pollaiolo (Benci Antonio detto il Pollaiolo, Firenze 1431/ 1498) databile agli anni sessanta del secolo XV. Il dipinto di Raggiolo reca un’iscrizione leggibile solo in parte che svela il nome del pittore, Sebastiano Pontenani (di lui non conosciamo la data di nascita ma ho rintracciato in archivio la data di morte, 25 agosto 1644) mentre risulta solo in parte leggibile la data di realizzazione dell’opera. Probabilmente la comunità di Raggiolo commissionò il dipinto al Pontenani verso il 1630/31 e il pittore la realizzò  copiando lo stendardo processionale della Compagnia di sant’Angelo ad Arezzo, oggi icona del museo fiorentino Bardini. La datazione agli anni trenta del Seicento per la tela di Raggiolo, è stata proposta dalla scrivente in considerazione del fatto che a quegli anni risale un’ondata di peste che investì Arezzo e il Casentino e l’opera presenta un tema propiziatorio con un potente messaggio di vittoria sul Male. Il San Michele è raffigurato in armatura nell’atto di colpire il dragone infernale dalle fauci spalancate che gli si è avvinghiato alle gambe; sullo sfondo di un paesaggio fluviale a volo d’uccello di derivazione fiamminga e sulla sinistra uno sperone roccioso, completano la composizione.Nell’inevitabile confronto tra l’originale quattrocentesco attribuito al Pollaiolo e la copia seicentesca del Pontenani, un particolare colpisce lo spettatore attento: la resa del copricapo dell’arcangelo che l’artista aretino rende con due alette di piume coloratissime. Un indizio prezioso per una riflessione su quel copricapo che Pontenani presentava con un linguaggio naturalistico e che rimanda al petaso, copricapo del dio Hermes/Mercurio. Un dettaglio che poteva sembrare insignificante ma che non investiva solo il campo delle estetiche decorazioni ma quello dei simboli che andavano compresi nel loro significato più recondito. Un dettaglio che apriva la strada a studi più approfonditi e che dall’analisi di alcune gemme gnostiche portava a comprendere come nel fenomeno della cristianizzazione, la figura di San Michele fosse andata sostituendosi al dio Hermes/Mercurio. Il linguaggio figurativo ermetico utilizzato dal Pollaiolo nel secolo XV, tipico della cultura fiorentina dell’epoca, aveva “nascosto” attraverso alette metalliche il particolare del copricapo tipico del dio Hermes; nel secolo XVII, con un’immagine e un linguaggio più semplice e realistico, Pontenani permetteva un’indagine di grande importanza storico/artistica. L’analisi dell’opera continuava ancora, e osservando attentamente le decorazioni dell’armatura del dipinto del Pollaiolo, che Pontenani copia fedelmente, si veniva a scoprire che le gemme preziose, rubini e zaffiri in essa inserite, sono simboli che rimandano, in base alle corrispondenze stabilite da Gregorio Magno, agli ordini angelici. Se i rubini sono la corrispondenza terrena degli arcangeli, gli zaffiri corrispondono alle Virtù dette anche Potenze e l’arcangelo Michele rappresenta l’ANGELUS POTENTIA DEI (QUIS UT DEUS ?). Così il recupero di questo dipinto, di mano di un pittore di provincia, di non grandi qualità artistiche, che utilizza un linguaggio più realistico e semplificato, ha permesso un’indagine che ha svelato un’interpretazione approfondita anche di un ermetico dipinto quale è quello oggi conservato presso il museo Bandini e del quale rappresenta l’opera simbolo, tanto da essere utilizzata come immagine pubblicitaria del Museo stesso.

 

Alberta Piroci Branciaroli
Alberta Piroci Branciaroli
Laureata in Lettere e Filosofia con indirizzo in Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi di Firenze e specializzata in Arte Medievale e Moderna (corso post-laurea) presso lo stesso ateneo, docente di Lettere negli Istituti Secondari di primo grado, ha collaborato con la Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Arezzo per la catalogazione dei beni mobili del territorio provinciale. Vive e lavora in Casentino, collabora con il Centro Creativo Casentino e con il Parco Letterario Emma Perodi e foreste casentinesi. Collabora con la rivista online Park Time dei Parchi Letterari. Numerose sono le pubblicazioni: La Verna. Guida al sacro monte. (Collana curata dal Prof. Brilli. Le guide del viaggiatore raffinato) Ed.Edimond, Città di Castello, 2000 Arte e Architettura religiosa del Seicento. La decorazione barocca della chiesa dell’Eremo di Camaldoli, in “Il Seicento in Casentino”, catalogo mostra, Castello di Poppi, Ed. Polistampa, 2001 Temi iconografici legati alla devozione, loro diffusione nelle pitture del territorio casentinese, in “Il Seicento in Casentino” Catalogo Mostra, Castello di Poppi, Ed. Polistampa, 2001 Da Mercurio a San Michele: un percorso iconologico, in Intersezioni, Rivista Ed. Il Mulino, vol. XXII, 2002 Il polittico della Misericordia, in Piero della Francesca. Il Museo civico di Sansepolcro. Silvana editoriale,2002 Camaldoli, il monastero, l’eremo, la foresta. “Guide del viaggiatore raffinato. Edimond, Città di castello,2003 La città immaginata. Aretium, Ed. Edimond, Città di Castello, 2005 Le collezioni artistiche, in Tesori in prestito. Il Museo della Verna e le sue raccolte, Ed. Industria Grafica Valdarnese, San Giovanni Valdarno, 2010 Curatrice della mostra e del catalogo “Nel segno di Leonardo” La tavola Doria dagli Uffizi al Castello di Poppi. Ed. Polistampa, 2018 Approfondimenti didattici nella pubblicazione di Paola Benadusi “Fiabe magiche per grandi e bambini, Tau Ed. 2019 La valle dei racconti. In Casentino con Emma Perodi, Paolo Ciampi e Alberta Piroci, Aska ed. 2019 Alberta Piroci Branciaroli, San Francesco messaggero di pace, Ed. Helicon 2020 Curatrice della mostra NEL SEGNO DI DANTE. IL CASENTINO NELLA COMMEDIA, Ed. Polistampa 2021 Commenti storico-geografici nella pubblicazione di Paola Benadusi, Sette Fiabe gotiche, Tau Ed. 2021 Con Emma e Dante in Casentino, pubblicazione tramite sito online Bonconte ultimo atto, alla confluenza dell’Archiano con l’Arno, Ed. Mazzafirra, 2021 Curatrice della mostra e del catalogo: Nel segno della vita: Donne e Madonne al tempo dell’attesa. Ed. Polistampa, 2022

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