La ricostruzione biografica relativa a Sant’Ippolito, la cui festa liturgica cade il 13 agosto, è stata ampiamente modificata da ricerche recenti. In particolare, riprendendo una proposta di Pierre Nautin, dagli atti del convegno romano del 1976 è emersa la necessità di suddividere il corpus tra due autori, un Ippolito occidentale e un Ippolito orientale. Numerose leggende di martiri raccontano di Ippolito in diverse vicende; secondo quella di San Lorenzo, Ippolito era un ufficiale incaricato di sorvegliare il diacono ferito, ma venne da questi convertito assieme a tutto il corpo di guardia e martirizzato legandolo a dei cavalli selvaggi. Ed è da questa leggenda che il pittore Bicci di Lorenzo (Firenze, 1373 – 1452) prende spunto per dipingere la figura del santo, titolare della pieve di Bibbiena, nello scomparto di sinistra del polittico tricuspidato, datato 1452, dove è raffigurato con la spada e la palma del martirio. Nello scomparto di predella sottostante la figura di Sant’Ippolito, è raffigurata la scena del suo martirio. Legato alle code di due cavalli, uno bianco e uno nero, è ritratto nel momento in cui, alla presenza dell’imperatore e della sua corte, uno scudiero sta per frustare i cavalli che con una folle corsa squarteranno il martire. Alla mancanza di riferimenti documentari precisi sulla biografia del santo, che alcuni identificano con Ippolito di Roma (Asia,170 ca. – Sardegna,235) teologo e scrittore, primo antipapa della storia della Chiesa e che prima della morte si riconciliò con il papa legittimo Ponziano, insieme al quale subì il martirio, fa riscontro il polittico attribuito a Bicci di Lorenzo (Firenze, 1373 – 1452) esponente della corrente artistica del gotico internazionale, artista influenzato da Lorenzo Monaco e Gentile da Fabriano. Nel polittico infatti un’iscrizione indica la data 1435, anno nel quale “per remedio dell’anima di monna Caterina di Giovanni Maffei e de suoi discendenti A.D. MCCCCXXXV a dì VI di aprile” la tavola era completata. Bicci rappresentò un punto fermo di stilemi tradizionali rispetto alle nuove invenzioni del Rinascimento, privilegiando e rimanendo fedele alle tendenze stilistiche trecentesche che aveva appreso nella bottega del padre Lorenzo di Bicci ed essendo proprio per questo, definita ritardataria la sua maniera, che nel solco della tradizione precedente trovò molti ammiratori e committenti. Sul prezioso fondo oro, di ascendenza trecentesca il santo titolare della pieve campeggia con un verde mantello preziosamente foderato di pelliccia di vaio e una veste gialla che ricorda la cotta militare, una specie di armatura indossata dai cavalieri. L’iconografia ci presenta il santo sempre giovane con una spada e la palma del martirio.