Un pensiero al giorno: “Primo maggio”

Primo maggio

-Il primo maggio è la festa dei lavoratori…-

Il babbo me lo raccontava così:

– Sì cocca, oggi è la festa dei lavoratori –

E se io chiedevo cosa volesse dire, il silenzio diventava spesso come una “cortina” di fumo.

Allora andavamo alla pineta, e si partiva presto, “per prendere il posto”,

diceva il babbo, mentre io mi chiedevo perché, in quanto di posto, ce ne era tantissimo alla pineta.

Le famiglie arrivavano, tutte con cassette di legno piene di cose da mangiare.

la mamma e la zia portavano la panzanella, e il babbo per secondo, cuoceva le salsicce.

Lo zio suonava l’armonica a bocca, mentre il babbo cantava, lui, cantava di poesia, e io morivo d’orgoglio.

La sua voce gorgheggiava e raggiungeva toni molto alti, fino a che un giorno, mi prese sulle ginocchia e mi fece cantare con lui.

Lasciai subito i miei cugini, e non ci pensai due volte.

La gente mi diceva che promettevo bene, allora il babbo mi sollevava un pochino, nel caso qualche famiglia vicina non mi avesse già visto.

In quei momenti volevo sparire. Allora gli sussurravo all’orecchio di non farmi andare su in alto, ma lui non sentiva ragioni. Voleva far vedere a tutti a chi apparteneva quella vocina, che era quella della sua figliola più grande. Allora glielo lasciavo fare, e chiudevo semplicemente gli occhi, certa che, se io non vedevo la gente, la gente non avrebbe visto me. Quello era il mio modo di sparire.

Si mangiava per terra, col cibo sopra a tovaglie lavate con cura. La mamma e la zia, facevano a gara a chi la portasse più bella. Vinceva sempre la zia!

Poi a merenda il babbo spaccava un pane intero e lo condiva col pomodoro e basilico, e noi bambini eravamo felici perché lui ci metteva anche il pepe che ci piaceva tanto, perché il pepe era da grandi.

E poi di nuovo a cantare.

Adoravo il babbo quando cantava “Bella ciao”, perché gli occhi gli si riempivano di lacrime. Pensavo che una donna bella lo avesse lasciato. Poi, col tempo scoprii che era proprio la canzone, che faceva così!

Più tardi gli uomini giocavano alla rulla, quella fatta di formaggio, e io gli tenevo i punti, così, se a volte una forma si spaccava, correvo a mangiarne qualche pezzetto. La mamma brontolava sempre il babbo, e gli diceva: – quella citta, che non si faccia male, se no te la do io la rulla. –

Oggi so che in fondo non facevamo che poco o niente, eppure era tanto. Era una festa importante, sentita, anche se il babbo non mi ha mai spiegato di più.

Continuo a fare quel gioco con gli occhi, quando voglio sparire, e alle volte ci riesco.

L’unica cosa brutta, è che quando li riapro, non c’è più niente di quel bel tempo, e anche le persone se ne sono andate quasi tutte, e la pineta probabilmente oggi sarà vuota.

Io, allora, stenderò la tovaglia più bella che ho sopra al mio tavolo, e sorriderò aspettando che arrivi Aria, la mia nipotina, e forse proverò a cantarle: “Bella ciao”!

Buon primo maggio a tutti!

Marina Martinelli
Marina Martinelli
Marina Martinelli nasce nel 1964 e “arranca” tutta la vita alla ricerca della serenità, quel qualcosa che le è stata preclusa molto spesso. La scrittura è per lei una sorta di “stanza” dove si rinchiude volentieri immergendosi in mondi sconosciuti e talvolta leggiadri. Lavora come parrucchiera a Poppi e gestisce il suo salone con una socia. E' madre di due figli che sono per lei il nettare della vita e scrive, scrive ormai da molti anni anche per un Magazine tutto casentinese che si chiama “Casentino Più”. È riuscita a diventare giornalista pubblicista grazie proprio al giornale per cui scrive e questo ha rappresentato per lei un grande traguardo. Al suo attivo ha ben sette libri che sono: “Le brevi novelle della Marina", “L’uomo alla finestra”, “Occhi cattivi”, “Respira la felicità”, “Un filo di perle”, “La sacralità del velo”, “Le mie guerriere, quel bastardo di tumore al seno”. Attualmente sta portando avanti ben due romanzi ed è felice! È sposata con Claudio, uomo dall’eterna pazienza.

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